domenica 17 gennaio 2010

Quel gran rifiuto di McCartney

Paul McCartney si ribella al tetto dei 78 decibel imposto per i concerti a Milano e rinuncia a esibirsi a San Siro, in giugno. Sai che perdita, vien da dire, considerata la pochezza attuale del musicista che, a ogni nota che suona, corrobora la leggenda che lo dà per morto fin dal 1969. E poi, McCartney? Perché ne fa una questione? Fossero gli Ac/Dc... Appunto. Anche gli Ac/Dc hanno rinunciato a suonare a Milano. Per lo stesso motivo. Beh, loro li capisco: sotto i 130 decibel manco credono che esista un mondo.
Ma in realtà pure McCartney ha fatto bene a rinunciare. Perché uno dice 78 decibel e mica si rende conto. Insomma: a Milano - come in ogni città - il tetto dei 78 decibel viene quotidianamente superato: dal rumore del traffico. Però nessuno pretende di bloccare il traffico. A Milano men che meno.
La musica - tutta la musica, non soltanto il rock ma anche Beethoven - ha bisogno di amplificazione, per poter essere goduta da grandi masse, e per di più all’aperto. Non da distruggere i timpani: ma con 78 decibel, in uno stadio non si garantisce un ascolto ottimale. Un musicista professionista lo sa e se è serio non si presta. Chi ha imposto quel limite, o non sapeva neppure di che cosa stesse parlando (cosa frequente, nel Paese), oppure covava un maligno pregiudizio contro la «musica dei giovani», e non gli pareva vero di metterla a tacere. Ignorando, ovviamente, che in genere le rockstar classiche hanno ormai sessant’anni, e il loro pubblico suppergiù.
Resta la domanda delle cento pistole: perché 80 decibel di motori spetezzanti si sopportano ogni singolo giorno dell’esistenza, e 80 decibel di musica neppure per una sera? La risposta mi fa paura.