mercoledì 31 dicembre 2008

Auguri a tutti...e che lo sia davvero un buon 2009

Vi auguro un felice 2010. Quanto al 2009, qualcuno dice che sarebbe meglio scavare una trincea e passargli sotto il più in fretta possibile. È il primo anno che ci fa paura ancor prima di cominciare. Gli indovini dell’economia prevedono che sarà terribile e, considerato quanto ci prendono, questo è l’unico indizio di ottimismo.
Sarà un momento brusco di passaggio, che premierà chi saprà resistere e cambiare, adeguandosi meglio degli altri al mutamento di realtà. Quel che avevo da dirgli e da dirvi si trova all’interno del giornale, affidato a due pagine di oroscopi. Il Buongiorno, invece, stavolta mi piacerebbe lo faceste voi. Provando a formulare tre desideri. Il primo per voi stessi, il secondo per la persona che amate di più e il terzo per il mondo. Non conta quanto siano grandi, basta che vi riempiano il cuore. Metteteli nel vostro spazio e credeteci, almeno mentre li pensate. Ora entriamo pure nella tormenta del 2009 col bavero alzato e le parole coraggiose di George Bernard Shaw: «La missione di ogni uomo consiste nell’essere una forza della natura e non un grumo agitato di guai e di rancori che recrimina perché l’universo non si dedica a renderlo felice».

martedì 30 dicembre 2008

Aspettando il nuovo SANREMO...

Ancora una volta Sanremo si presenta con un paradosso: un cast di ospiti per le proposte con alcuni di quei nomi che da anni venivano invocati per sostenerne la qualità. Così, in veste di tutor, ci saranno Pino Daniele, Zucchero, che insieme a Maurizio Vandelli, Dodi Battaglia e Fio Zanotti, accompagnerà sua figlia Irene, Lucio Dalla, Riccardo Cocciante, Roberto Vecchioni, Gino Paoli, Massimo Ranieri e perfino Burt Bacharach, una presenza che non può che nobilitare il Festival.
In realtà questa è una scelta che serve, da una parte, a garantire gli ascolti della serata più debole, la finale dei giovani, dall'altra dimostra come questa sia un'edizione che punta tutto sull'ascolto, dopo il flop dell'anno scorso. Anche il meccanismo di voto, che comprenderà una giuria in sala e quindi l'eliminazione in diretta dei cantanti, va incontro ai meccanismi dei più noti format televisivi. E probabilmente con la voglia di trasformare anche questo in uno show spiega il ripescaggio di artisti come Iva Zanicchi, Alexia, Albano, I gemelli diversi, Dolcenera, che ha già alle spalle un'esperienza nel reality. Sul piano artistico il progetto più sorprendente è quello di Pupo, che dopo aver trovato una seconda vita artistica in tv, ha spiazzato tutti mettendo in piedi un trio con Youssou 'n'dour, voce simbolo dell'Africa, e Paolo Belli. Il tutto con la benedizione della Nazionale cantanti.
La presenza sicuramente più sorprendente è quella di Sal da Vinci, artista che avrebbe dovuto essere tra le proposte. Sul piano dell'attenzione alla contemporaneità sono un buon segnale gli Afterhours (ma come andrà a finire con le giurie popolari?), una delle band migliori del rock italiano, Tricarico, che dopo la partecipazione dell'anno scorso ha trovato una popolarità nuova, Francesco Renga e Niky Nicolai con Stefano Di Battista che sono una garanzia di musica di qualità. Marco Carta è una concessione al successo di Amici e al pubblico delle ragazzine, Povia un pallino di Paolo Bonolis, Patty Pravo, Marco Masini e Fausto Leali si inseriscono nel filone più ricco del Festival di Sanremo: l'eterno ritorno.
È ovvio che per esprimere un giudizio compiuto sarà necessario ascoltare i brani, anche se già da adesso è lecito domandarsi il perchè di alcune scelte di cast. Paolo Bonolis garantisce una dose di spettacolarità e sta studiando un'edizione personalizzata, dove ci sarà molta attenzione ai meccanismi della tv senza penalizzare la musica. Scorrendo i titoli si nota il ritorno di una canzone dedicata ad un gay (Povia) dopo la caricaturale performance dell'anno scorso di Anna Tatangelo. E ancora: tre titoli con la parola amore, un dentro ogni brividò un “non riesco a farti innamorare” che, insieme ai “vivi per miracolo” dei Gemelli diversi sono un ritratto non proprio incoraggiante di quell'Italia che ci verrà raccontata da Marco Masini.

domenica 28 dicembre 2008

Altro plagio...ma per PRINCE


Dopo il caso clamoroso della causa di Al Bano a Michael Jackson, stavolta è uno dei musicisti più apprezzati del mondo a finire nell’occhio del ciclone dei plagi. Il genio di Minneapolis è stato dichiarato colpevole di plagio ai danni di due autori italiani: a darne notizia in esclusiva è il numero di «Musica & Dischi», la "bibbia" della discografia italiana, dove viene riportato il testo della sentenza della Corte d’appello di Roma, in cui il brano «The most beautiful girl in the world», firmato da Prince e pubblicato nel 1993, viene dichiarato plagio del decisamente meno noto «Takin’ me to paradise», composto 10 anni prima da due autori italiani, Bruno Bergonzi e Michele Vicino e regolarmente depositato presso la Siae.
Anche le edizioni Chappell sono state riconosciute vincitrici della vertenza. Il brano di Bergonzi e Vicino era stato inciso, senza grande esito commerciale, da Rainard J. Pur non essendo ancora nota l’entità dei danni che dovranno pagare la star, al secolo Roger Nelson, e gli editori del brano, si tratta comunque di una vittoria su tutta la linea per i due autori italiani: i giudici hanno riconosciuto come fondata la richiesta avanzata di risarcimento, poichè il pezzo di Prince «affida quasi esclusivamente il proprio dato caratterizzante ad un’unica melodia ripetuta numerose volte», ed il refrain di «Takin’me me to paradise» è effettivamente identico alla melodia di «The most beautiful girl in the world».

mercoledì 24 dicembre 2008

ELISA.... un successo negli STATES


Guns ’N Roses, Beyoncé e Anastacia. No grazie, gli americani preferiscono Elisa. A rivelarlo è un sondaggio effettuato tra gli utenti del sito di Billboard.com, considerato la “bibbia” della musica statunitense. Nella classifica dei dieci album migliori del 2008, “Dancing” - il primo album di Elisa distribuito sul mercato Usa - risulta infatti al quinto posto, prima, tra gli altri, di “Chinese Democracy” dei Guns N’ Roses, “I Am... Sasha Fiere” di Beyoncé e “Heavy Rotation” di Anastacia. Prima dell’artista italiana - si legge in una nota dell’ufficio stampa - figurano Mariah Carey, David Cook, David Archuleta e Britney Spears.
Il successo negli Stati Uniti di Elisa trova conferma anche nel numeroso pubblico che ha partecipato al suo primo tour oltreoceano. Tra ottobre e novembre l’artista ha toccato ben 17 città tra gli Usa e il Canada, tra cui il Bowery Ballroom di New York, il Roxy di Los Angeles, il Mod Club di Toronto e Le Savoy di Montreal, registrando sold out a Pittsburgh, San Francisco, Seattle e Boston.
Un successo americano esploso quando il talent show televisivo “So you think you can dance?” ha proposto un balletto sulle note di ’Dancing’: il brano, title track dell’album uscito a luglio e concepito appositamente per il mercato americano, è balzato nella top 20 della classifica dei singoli più scaricati da ITunes America, registrando oltre 75 mila acquisti e seguito dall’ingresso in classifica dell’album “Then comes the sun”.

sabato 20 dicembre 2008

MOTOWN, quello sì che era "X factor"


Per il celebrare il 79mo compleanno di Mister Barry Gordy fondatore della Motown Records, il 28 novembre è stata pubblicata la compilation commemorativa Motown 50. Per tutto il 2009 (l'anniversario per i cinquant'anni dell'etichetta sarà il 12 gennaio) la Universal Music proporrà inoltre i dischi classici e in qualche modo fondamentali della storica etichetta nata in un garage di Detroit e assurta ormai a icona della musica mondiale. Oltre ai classici come I want you back dei Jackson 5 o Reach out I'll be there dei Four Tops, in Motown 50 ci sono le chicche di veri giganti della musica, messe in fila uno dopo l'altra così da comporre una collana di più di sessanta «perle» dal valore inestimabile.
In questo triplo cd, per la gioia dei nostalgici, ci sono praticamente tutti. Dai Jackson 5 con un Michael ancora riconoscibile, a Marvin Gaye il padre artistico dell'intero movimento soul, da Smokey Robinson & the Miracles ai Temptations, da Diana Ross con le Supremes a Stevie Wonder, da Martha Reeves and the Vandellas a The Isley Brothers, e poi Thelma Houston, Commodores e tanti altri. Non a caso quindi la proposta è una specie di compendio di ciò che di meglio è stato realizzato da Gordy e i suoi artisti ma anche un'indicazione precisa per chi si fosse perso il passaggio musicale dal blues al rhythm'n'blues. Non è un caso se sotto la targa Motown sono stati raggiunti record incredibili. Ben centottanta canzoni di quella che prima era Tamla-Motown e poi solo Motown Records sono arrivate al primo posto della classifica di vendita americana. Molte di più hanno raggiunto la vetta delle charts un po' in tutto il mondo e la ricetta, la miscela magica che permetteva a chiunque varcasse la soglia del garage prima e della palazzina poi, di proprietà di Mister Gordy raggiungeva il successo.
In tanti si sono chiesti che cosa avessero gli autori e gli interpreti Motown più degli altri. In cosa consisteva il «midas touch» di Gordy. Nessuno lo ha mai saputo spiegare veramente seppur decine e decine di libri e pubblicazioni abbiano provato a scoprirlo. Da parte nostra possiamo solo aggiungere che nei dischi Motown per molti anni si è respirato un rhythm'n'Blues cantato con il cuore da uomini e donne con un talento estremo. Persone scovate una a una da un talent scout come Barry Gordy, un giovane afro- americano che, con determinazione e con l’unico supporto economico della sua famiglia, non solo ha forgiato nuove basi per l'orgoglio e le radici culturali delle minoranze afro-americane di quegli anni, ma era capace di riconoscere al volo nell'artista quello che oggi, in tempo di reality, qualcuno chiama «X factor».

mercoledì 17 dicembre 2008

DoubleFace LIGABUE


E’ vero - disse una volta Woody Allen -. Faccio lo stesso film da una vita, ma finché nessuno se ne accorgerà, andrò avanti». Sta andando avanti. Come Luciano Ligabue, il Re Mida. Non sbaglia un pezzo che sia uno, anche se è lo stesso pezzo da quindici anni. La sua antologia, spalmata in un anno, vende a dismisura. Ogni inedito furoreggia in radio, si parli di Buonanotte all’Italia, analcolico «j’accuse» che a conti fatti non accusa nessuno o Il mio pensiero, ennesima ballata non esente da strofe cigolanti («Pomeriggio spompo di domenica / Come fanno gli altri a stare su»).
Questo successo quasi ventennale, forse, qualche ulteriore riflessione la merita. Piace ai «ggiovani» perché sembra somigliargli. Piace alla sinistra (nonostante gli ammicchi a Beppe Grillo) perché è buono. Piace agli uomini perché è raggiungibile. Piace alle donne perché canta che loro «lo sanno», lasciando intendere che - per osmosi - pure lui è depositario dello scibile. Uno scibile mai troppo pensoso: basso profilo, vita da mediano, conformismo vociferante (ma guai a parlare di qualunquismo). Ligabue è rassicurante: nei messaggi (un vago pessimismo rasserenato dalla strofa finale), nella carriera intesa come coerente immobilismo.
Il suo sogno è essere il nuovo Battisti. Il Divino Lucio è però stato un musicista rivoluzionario, capace negli edonistici Ottanta di sbertucciare l’apparenza, rifugiandosi in quel «nowhere» che è stato il sodalizio con Pasquale Panella. Il Ligabue musicista è eversivo quanto può esserlo Veltroni. La sua spiccata riconoscibilità - dote rara - sta non nelle note ma nelle parole. Ligabue non è il nuovo Battisti: è il nuovo Mogol. Un Mogol femminista, pure lui anti-intellettuale, come lui pieno di topoi: in Mogol i «ciliegi e le libellule in un prato», in Ligabue «le cosce e zanzare».
In entrambi, riprendendo Edmondo Berselli che in Canzoni si divertì a zimbellare il Gran Mogol, «ogni gesto si eleva dal grado zero della materialità al livello della mitologia». La sua (loro) estetica «si stende fra il banale e il sublime, fra il concreto e l’astratto, fra il congiunturale e l’epocale, tra il Volo e il Terra Terra, considerando il Sacro e il Profano sempre intercambiabili». Non è un caso che prima Elisa e poi Fiorella Mannoia si siano rimesse al Gran Liga. Il nuovo singolo della Mannoia è in questo senso paradigmatico. Da una parte, l’uomo che sa che le donne lo sanno (?), dall’altra la donna che canta quello che le donne non dicono: abbastanza per cadere in coma diabetico. In Io posso dire la mia sugli uomini c’è tutto il Ligabue-Mogol: amicizia («Le mie amiche sono amare / se si parla un po’ d’amore»), generiche allusioni al contemporaneo («Qualche giorno è molto meglio»). Fino al situazionismo della solita strofa finale: «Davanti a una tazza di latte / con una coperta di troppo / appena finisce la notte / qualcosa mi inventerò». Ovvero: il dolore in cerca di lenimento (la coperta di troppo), il rifugio terreno (la tazza di latte). E una sfuocata fiducia nel futuro: quel «qualcosa mi inventerò» non è forse la versione aggiornata del «Domani è un altro giorno» di Via col vento?
La capacità prima mogoliana e ora ligabuista non è tanto l’ostentata reiterazione di se stessi, quanto l’abilità nel far scattare l’ingranaggio sinuoso della immedesimazione. Se De André inseguiva la metafora e De Gregori l’ermetismo, Ligabue è piuttosto un felice abbellitore dell’ovvio, un instancabile scrittore di canzoni che inducano il pubblico a dire: «Questa cosa è capitata anche a me». Un (bravo) ricamatore del già detto, dotato come Mogol di capacità semimedianiche nell’intuire gli spostamenti del costume. La sua canzone diviene così l’instant song della quotidianità: qualcosa di comodamente assimilabile, riciclabile. Certo, il Gran Liga è troppo garbato per autocelebrarsi come Gran Mogol. C’è poi in lui una quieta sottomissione al gentil sesso, che lo distanza dal machismo agreste di Mogol. Eppure anche il suo cilindro truccato è sostanzialmente colmo di «scarsi segreti», ciononostante abbacinanti. Sembra quasi il cilindro di Walter Il Mago. Quello che, quando faceva una magia, non stupiva nessuno. Ma tutti si fingevano stupiti, «che non ci costa nulla farlo sentire una star».

sabato 13 dicembre 2008

In arrivo in tv "ANDREA BOCELLI"


Prima che arrivassero i cantanti pop, a suscitare le passioni popolari erano i tenori, che davano voce a romanze e canzoni rimaste nell’immaginario collettivo almeno fino allo sconquasso portato dalla rivoluzione musicale dei Sessanta. Quelle voci e quel repertorio tornano oggi a risuonare grazie a un revival sui generis il cui capostipite è stato Luciano Pavarotti, con erede Andrea Bocelli: una star abituale delle zone alte delle classifiche di vendita americane, che paradossalmente gode in patria di una fama più ristretta. A lui, Fabio Fazio ha pensato per il primo di una serie di speciali di Che tempo che fa su Raitre, (seguirà l’11 gennaio una puntata su Fabrizio De André a dieci anni dalla scomparsa e poi altre puntate monotematiche). Per l’occasione il tenore ha ricevuto le congratulazioni del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Caro Bocelli - si legge nella lettera - si può facilmente immaginare come io sia vicino alla tradizione musicale della città in cui sono nato, mi sono formato e a cui sono rimasto sempre legato... un patrimonio di straordinaria capacità rappresentativa e risonanza emotiva, non a caso entrato nel repertorio dei grandi interpreti restando al tempo stesso nel canto delle persone comuni».
Nel bombardamento pubblicitario che da settimane anticipa l’appuntamento con Bocelli, è andato in onda il suo coté di personaggio, simpatico e ironico: ma stasera si potrà ascoltare il tenore in alcuni caposaldi del passato, appunto il repertorio di cui si diceva, che trionfa del nuovo disco Incanto, omaggio a un filone glorioso dall’inizio del Novecento fino al primo Dopoguerra: canzoni rese celebri da grandi tenori come Enrico Caruso (Vieni sul mar), Mario Del Monaco (Un amore così grande), Beniamino Gigli (Mamma), Ferruccio Tagliavini (Voglio vivere così) ma anche Mario Lanza, Franco Corelli, appunto Pavarotti. E non manca la Napoli di ’O surdato ’nnamurato, Funiculì funiculà, Era de maggio o A Marechiare, fino a un inedito Pulcinella scritto proprio per Bocelli. Andrea si dice convinto che l’interesse per queste canzoni, che si credeva sepolto, stia risorgendo: «Tanta gente le conosce ma non le ascolta da tempo e fa piacere risentirle con le tecnologie moderne. Penso anche ai giovani, secondo me sono disposti a sorprendersi: era la musica della mia infanzia...».
Quel che ancora non sapeva Bocelli è che qualcun altro è salito sullo stesso carro. Se il mercato domanda, l’offerta avanza. C’è Adriano Aragozzini, celebre patron di vecchi Sanremo nonché feroce critico televisivo di Markette di Chiambretti, dietro l’uscita di un disco fatto per gli appassionati del belcanto trattato a pop: Tribute to Luciano Pavarotti è un album interpretato da Piero Mazzocchetti, il tenorino che si fece conoscere a Sanremo 2008 ma che sfodera oggi una temibile forza vocale in una lunga serie di arie e romanze, trattate a canzoni, del repertorio lirico (per esempio «Donna non vidi mai» da Manon Lescaut, «Ch’ella mi creda» dalla Fanciulla del West, «Nessun dorma» da Turandot); ma il cd non dimentica alcuni classici che oggi stanno tornando a esser cantati: Mattinata di Leoncavallo, Core ’ngrato, Torna a Surriento, Granada, ’O sole mio. Dirige l’Orchestra del Regio di Parma il maestro Leone Magiera, già storico collaboratore di Pavarotti. C’è da scommettere che anche Mazzocchetti avrà attenzione negli Stati Uniti più che da noi. L’Italia è troppo distratta, o troppo purista, in questo campo.

giovedì 11 dicembre 2008

Guantanamo, i musicisti si ribellano


Nel 60esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il mondo della musica si ribella e condanna l’uso delle canzoni come strumento di guerra e tortura. Pezzi famosissimi, come Enter Sandman dei Metallica, White America di Eminem, Hells Bells di Ac/Dc e il tema di Sesame Street, sono stati usati, ad esempio, per torturare i detenuti nel carcere speciale di Guantanamo. La musica a tutto volume, si sa, non lascia segni evidenti sul corpo.
Già Bruce Springsteen si era arrabbiato per l’uso di «Born in the Usa», che a molti ricorda anche le sofferenze del conflitto in Vietnam, sostenendo che il pezzo è stato così «svalutato». Circa 20 anni fa le forze Usa a Panama hanno utilizzato la musica dei Guns N’Roses e Elvis Presley sparata a tutto volume dagli altoparlanti per spingere l’allora leader Manuel Norriega a dimettersi. Era nata una tattica. Da allora la musica suonata a volumi intollerabili è stata spesso utilizzata a Guantanamo Bay e in altri posti dalla Cia, come parte delle sofisticate torture disponibili contro i prigionieri.
I musicisti oggi si ribellano: un gruppo di band e artisti si sono uniti per chiedere agli Usa di non usare più il loro lavoro come strumento di guerra. Alla rabbia di Springsteen si uniscono così i Massive Attack, Elbow, il chitarrista Tom Morello dei Rage Against the Machine, James Lavelle fondatore del progetto Unkle, Matthew Herbert, the Magic Numbers e Bill Bailey. Come segno di protesta gli artisti hanno pensato a minuti di silenzio ai concerti e festival, tanto per cominciare. La campagna, intitolata ZeroDb, è stata lanciata ieri dalla britannica Reprieve, scrive il Guardian che riporta la notizia, che rappresenta più di 30 prigionieri del carcere speciale situato sull’isola di Cuba.
Le Nazioni Unite e la Corte europea dei diritti umani hanno già vietato l’uso della musica ad alto volume nelle interrogazioni. Spesso i militari americani usano musica «profana» contro i detenuti in Iraq, Afghanistan e a Guantanamo. Musica che va dall’heavy metal al pop: secondo l’organizzazione Reprieve tra le canzoni usate ci sono anche pezzi degli Aerosmith, di Britney Spears, Christina Aguileira, Don McLean, Lil’ Kim, Red Hot Chili Peppers, Tupac Shakur e altri.
Non tutti i musicisti sono contrari però all’uso della loro musica per certi scopi: «Lo ritengo un onore pensare che le nostre canzoni possano essere usate per schiacciare un altro 11 settembre», ha dichiarato Stevie Benton dei Drowning Pool.

mercoledì 10 dicembre 2008

I COLDPLAY...risp

Accusati dal chitarrista Joe Satriani di aver saccheggiato il suo brano del 2004 "If I Could Fly" del 2004 , per la scrittura di "Viva la vida", brano che dà il titolo al loro ultimo album, i Coldplay si sono decisi a rispondere: "Se ci sono somiglianze fra i nostri due brani, si tratta soltanto di coincidenze, che stupiscono noi tanto quanto Joe Satriani", è la dichiarazione della band inglese capitanata da Chris Martin.
"Joe Satriani è un grande musicista - proseguono i Coldplay - ma non ha scritto la canzone "Viva la vida". Rispettosamente gli chiediamo di accettare la nostra assicurazione e gli auguriamo ogni bene per i suoi prossimi impegni".
Ma Satriani non l'ha mica presa bene: "Ho fatto tutto il possibile per evitare una causa in questa situazione - ha detto -. Sta a vedere che pensavano che questo piccolo chitarrista avrebbe lasciato perdere dopo un po'".
Invece, evidentemente, no.
E' la seconda volta nel giro di poche settimane che si prospetta un caso simile, dopo la vicenda Sanz-Jovanotti per la canzone "A te"/o "A la primera persona". Jovanotti ha reagito alle accuse di Sanz più o meno come fanno ora i Coldplay.
Che significa? Che in caso di onestà di pensiero dei "copianti", siamo ormai a una situazione di implosione della musica popolare. L'eccesso di produzione prescinde ormai dalla conoscenza di tutto il repertorio che si è andato sfornando, a differenza che in passato manca - come nella vita reale - la memoria, anche nei collaboratori degli artisti. Mi è successo che mi mandassero dei brani da ascoltare, e che io dovessi avvertire "Guarda che questo somiglia a quell'altro". Ma se quest'operazione di recupero del già-partorito diventa impossibile, accettiamo serenamente la giungla che ci si para davanti....

ELTON JOHN


Dal 9 dicembre, una quarantina di cinema italiani, dalle ore 20, proporranno live in diretta via satellite il concerto di Elton John «The Red Piano», che si svolgerà a Parigi Bercy.
«The Red Piano» è un tour mondiale, di cui Parigi Bercy costituisce una data, organizzato da Elton John per celebrare i suoi 60 anni di vita ed i 40 di carriera. Uno spettacolo concepito insieme all’artista David La Chapelle come un’interpretazione pop-art della sua carriera che, attraverso scenografie spettacolari, inviterà il pubblico ripercorrerne le tappe fondamentali e a penetrarne l’universo estremamente creativo.
La trasmissione satellitare del concerto in diretta nei cinema è un’operazione di portata internazionale che vede coinvolti svariati paesi europei oltre all’Italia, che partecipa appunto con circa 40 cinema coinvolti. Infatti, attraverso il digitale con la tecnologia 2k, qualsiasi cinema potrà cogliere l’opportunità di trasformarsi in un “centro d’intrattenimento” capace di offrire ai propri spettatori eventi live di qualità, a partire dai concerti live, ma non solo.

sabato 6 dicembre 2008

JOE SATRIANI cita i COLDPLAY per plagio


La band inglese dei Coldplay è stata citata in giudizio da Joe Satriani con l'accusa di plagio. Il chitarrista statunitense ha intentato una causa per violazione del copyright al tribunale di Los Angeles, sostenendo che la canzone dei Coldplay Viva la vida includa «sostanziali parti originali» del suo singolo strumentale If I could fly del 2004.
Satriani ha chiesto alla corte anche un risarcimento per danni e di tutti i profitti attribuibili alla presunta violazione del diritto d'autore. Nessuno dei legali delle due parti ha però rilasciato un commento a riguardo.
I Coldplay hanno ricevuto 7 nomination per i prossimi Grammy Awards, che saranno assegnati a febbraio. Viva la vida è il primo singolo estratto dall'album Viva la vida or death and all his friends, mentre il brano di Satriani è contenuto nell'album Is there love in space? del 2004.

giovedì 4 dicembre 2008

Grammy Awards


La Recording Academy ha annunciato questa notte a Los Angeles le nomination per la 51esima edizione dei Grammy Awards, gli “Oscar” della musica. Dwayne Michael Carter, meglio noto come Lil Wayne, guadagna ben 8 nomination. Il rapper statunitense è seguito dalla band inglese dei Coldplay, con 7 nomination. A quota 6 nomination un trio tutto hip hop, composto da Kanye West, Jay-Z e Ne-Yo.
Cinque nomination sono state assegnate a Robert Plant, l'ex front-man dei Led Zeppelin; insieme a lui un'altra band inglese di culto i Radiohead, in compagnia di John Mayer, Alison Krauss e Jazmine Sullivan. Quattro nomination ad Adele, la giovanissima cantante inglese considerata la stella nascente della musica britannica.
La cerimonia di consegna si svolgerà nella notte tra l'8 e il 9 febbraio allo Staples Center di Los Angeles. In Italia sarà trasmessa in diretta, in esclusiva, dal canale musicale Musi

mercoledì 3 dicembre 2008

TAKE THAT di nuovo al comando


Addio a ninnananne e cantilene, le mamme britanniche moderne fanno addormentare i loro bambini sulle note di musica pop-rock, come «Angels» di Robbie Williams o il tormentone romantico «Wonderwall» degli Oasis. Lo ha rivelato un sondaggio condotto su 2mila madri del Regno Unito, i due terzi delle quali preferiscono far ascoltare sonorità pop-rock ai loro piccolini semiaddormentati, invece della tradizionale ninnananna «Rock-a-Bye Baby».
Lo stesso sito specializzato per l’infanzia Baby Website, che ha commissionato la ricerca, si è detto stupito. Le madri - ha ipotizzato la portavoce Kathryn Crawford - sono influenzate dalla musica che ascoltano di giorno: «Siamo veramente sorpresi che le mamme preferiscono cantare moderne canzoni pop invece delle tradizionali ninnananne».
Secondo la portavoce, la maggior parte delle mamme accende la radio a casa con il bambino e le canzoni orecchiabili fanno sì che sia impossibile cantare altre cose quando è ora di andare a letto. Il pezzo più popolare, per le mamme, è «Patience» dei Take That, secondo «Angels» di Williams e terzo «I kissed a girl» di Kate Perry. Bisogna anche dire che il 13% delle nuove «mums» trova le ninnananne fuori moda e troppo antiquate, mentre il 10% di loro (una su 10) non riesce a ricordarne le parole.
Quasi la metà delle mamme dice di cantare qualcosa ai loro piccolini per calmarli quando sono spaventati, mentre un terzo delle intervistate cantano una canzone al bimbo per farlo addormentare. «I bambini hanno bisogno di musica ritmata e d’ambiente per essere tranquillizzati - ha messo in guardia Simon Cooper, della Mother and Baby Music, che produce cd di musica rilassante - un certo tipo di musica pop potrà dargli questo, ma di certo non tutta».

lunedì 1 dicembre 2008

La musica INDIE balla al ritmo di Pop Porno


La musica indie è viva e lotta insieme a noi. Dalla multiforme galassia delle produzioni indipendenti riunita in conclave a Faenza per il Mei, arrivano segnali forti che Giordano Sangiorgi, storico organizzatore del meeting, riassume in un dato secco: «Negli ultimi tre mesi oltre l’80% dei titoli usciti provengono dalla produzione discografica indipendente. Parliamo di circa 400 titoli che svariano fra i generi più diversi, dagli Huga Flame, che sono giovani rapper, fino a musicisti molto più classici come Jannacci e Arigliano, o allo stesso Nicola Piovani, che suonerà qui stasera e ha prodotto Epta per un’etichetta che non appartiene al mondo delle major, l’Egea Records».
Mentre Daniele Silvestri ha festeggiato qui i suoi 15 anni di attività. Nato per dare sfogo al rock alternativo che non ne voleva sapere di essere risucchiato nell’ingranaggio delle grandi case discografiche, il circuito indie di casa nostra trent’anni fa ha sfornato band come Skiantos, Gaznevada e più tardi Litfiba e CCCP Fedeli alla linea, prima di conoscere un nuovo periodo di splendore all’inizio degli Anni 90 con l’ondata di formazioni hip-hop partita dai centri sociali. In anni recenti, nomi come Fabri Fibra, Mondo Marcio e Cor Veleno sono cresciuti in ambiente rap underground per poi approdare a contratti con le major.
E oggi? Secondo Sangiorgi siamo di fronte a un nuovo momento magico: «La realtà creativa non è mai stata così vivace: non accadeva dal ritorno dell’hip-hop dell’ultima ondata, quella di Fabri Fibra eccetera. E così dopo 3-4 anni di stasi troviamo gente come Amir nell’hip-hop, o come Vasco Brondi nell’indie-rock, col suo progetto Le luci della centrale elettrica. Sono nuovi soggetti e hanno proposte originali per stile, messaggio e approccio al palco». Non per nulla ieri Gianmarco Mazzi, direttore artistico musicale del Sanremo 2009 assieme a Paolo Bonolis, ha invitato gli indipendenti al festival: «Quest’anno offriamo un’opportunità fatta su misura per voi, con la categoria Sanremo Festival.59 la cui selezione avverrà su Internet».
Non ci si deve aspettare per forza cose impegnate, l’universo indipendente balla anche ai ritmi pop di una canzoncina come Pop porno, che a suon di My Space ha ritagliato un quarto d’ora di celebrità e forse qualcosa in più al duo che l’ha realizzato, «Il genio», cioè Gianluca De Rubertis e Alessandra Contini. Se son rose fioriranno, intanto però, dopo che il brano si è fatto largo on line, Simona Ventura si è messa a danzicchiarci sopra durante alcuni stacchetti di Quelli che il calcio. Eh già, perché il web è notoriamente uno dei canali prediletti della nuova ondata indie, mentre l’altro resta quello dei concerti, il tradizionale sangue sudore & lacrime dal vivo con cui si fanno le ossa le band da quando il rock è rock.
Certo non è tutto oro quel che luccica, e tanta creatività spesso finisce per strozzarsi nell’imbuto troppo stretto che porta alla cosiddetta musica di serie A, prodotta e distribuita dalle grandi case discografiche. Intanto, secondo fonti Mei, il mercato discografico ufficiale continua ad annaspare: dopo il forte calo del 2007 la percezione degli addetti ai lavori è «di un’ulteriore accelerazione della crisi». Da queste parti allora si consolano premiando la Bandabardò per il miglior album indipendente 2008, i 24 Grana per la miglior band, i Punkreas e i My Awesone Mixtape per il live, Meg come solista, e Le Luci della Centrale Elettrica «rivelazione».

LUCIO DALLA....il grande genio:


BOLOGNA
Non puoi dire di conoscere davvero Lucio Dalla se non sei entrato almeno una volta, con tutto lo stupore del caso, in quella che lui chiama la «stanza dello scemo», ma che è invece molto di più, il bunker della sua follia deviata, la tana dove si congiunge e fa bisboccia con i suoi veri simili, che sono puppets schizoidi, marionette caricate a molla, automi, orsacchiotti, giostrine e trenini meccanici, nell’insieme l’incubo animato di un giocattolaio pazzo. Pensi, ora apro la porta e dietro ci trovo Tim Burton alla macchina da presa o i resti di due vergini smembrate. Ci trovi invece Marco Alemanno, l’ultimo annusato talento di Lucio, giovane attore shakespeariano, nel mood e nel teschio da monologo amletico che sta nella mano anche quando non sta. Con la complicità di Elisabetta Sgarbi, Bompiani, i due hanno raccolto e pubblicato «Gli occhi di Lucio», una delizia assortita di suoni, immagini e testo.
Imperversante folletto Lucio e la sua parrucca gialla, nella casa bolognese di duemila metri quadri su due piani in un palazzo del Quattrocento in pieno centro, dietro Porta Maggiore. L’incrocio tra un luna-park e una galleria d’arte, dove il rifiuto di crescere di questo inverosimile sessantacinquenne è visibile ovunque, tra la stanza dei giochi e quella del cinematografo, nelle decine di presepi, babbi e alberi. E’ il Natale la passione atavica di questo omarino che canta infatti «Sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno», capace di estrarre dalla sua cassa toracica qualunque suono, acuti da tenore, versi da gabbiano, squittii, borborigmi, pop accattivante. C’è posto per tutto e per tutti nella casa di Dalla, la tela preziosa di Franz Von Stuck e la coperta rossa con la faccia di Lenin, il merlo parlante che canta «Caruso», ma solo quando gli gira e Tina che lo governa da trent’anni e sembra uscita da un film di Disney, le foto di Trockij ma anche quelle degli zar, il suo alter ego Benvenuto Cellini e migliaia di altri memorabilia. La musica sempre accesa. Miles Davis nello sfondo e carillon che partono da ogni anfratto. Visto in controluce, Lucio, ha qualcosa di marziano.

giovedì 27 novembre 2008

Esce "L'Animale"......di CELENTANO


Esce domani “L’Animale”, il best album bitematico di Adriano Celentano. Anticipato dal successo in rete del primo inedito “Sognando Chernobyl”, lanciato sul web attraverso le immagini del videoclip, e dal successo in radio de “La Cura”, il brano di Franco Battiato riarrangiato dallo stesso cantautore per Celentano, l’album esce a distanza di un anno da “Dormi Amore la situazione non è buona”.
Il disco è composto da 28 brani divisi in due cd: “Canzoni d’Amore” e “Canzoni Contro”: il primo raccoglie alcune tra le più belle canzoni d’amore del suo repertorio, il secondo - si legge in una nota - comprende alcune tra le canzoni più importanti che trattano temi sociali.
Tra le 14 “Canzoni d’Amore”: da “Storia d’amore” a “Una carezza in un pugno”, fino ai più recenti “L’emozione non ha voce”, “Acqua e sale” e “Dormi amore”. Le 14 “Canzoni Contro” comprendono invece “Il ragazzo della via Gluck”, “Un albero di 30 piani”, “Svalutation” a quelli di ultima produzione come “ passi che facciamo”.
Per rendere a livello grafico l’anima bitematica dell’album, la copertina è stata realizzata attraverso il “Lenticolare Morphing” a 14 movimenti. È la prima volta - prosegue la nota - che questa tecnica viene utilizzata in Italia per un album ad alta tiratura.
Dalle ore 18 di sabato alle ore 13 di lunedì primo dicembre, infine, sarà disponibile in streaming su tutti i più importanti portali web e telefonici un video-shock per la versione integrale di “Sognando Chernobyl”.

mercoledì 26 novembre 2008

Usa Music Awards, il re è CHRIS BROWN


È stato il cantante Chris Brown a portarsi a casa il maggior numero di statuette agli AMA, gli American Music Awards, che si sono tenuti ieri sera a Los Angeles. L'artista R&B ha vinto tre piramidi di cristallo, compreso il premio andato all'artista dell'anno. Brown, visibilmente emozionato, ha dichiarato che fosse stato per lui, il premio sarebbe andato alla band britannica dei Coldplay che, candidata in quattro categorie è tornata a casa a mani vuote.
Chris Brown è stato giudicato anche migliore cantante maschile soul/R&B e pop/rock, mentre a vincere nella sezione femminile delle stesse categorie, è stata la fidanzata del diciannovenne artsta, Rihanna. Meno bene è andata a Alicia Keys, la favorita della serata, con cinque nomination, che invece ha portato a casa solo due statuette, per l'album As I Am, che ha vinto nelle categorie soul/R&B e pop/rock.
Fra gli artisti che hanno vinto più di una statuetta c'è anche il rapper Kanye West, che ha surclassato i rivali nelle categorie miglior album rap/hip-hop, con Graduation, e miglior cantante rap/hip-hop. Sorprendentemente West ha dichiarato che a meritare quest'anno il premio molto più di lui sarebbe stato il collega Lil' Wayne.
Per il secondo anno consecutivo i vincitori degli AMA awards sono stati determinati dal pubblico attraverso votazioni online. In passato erano i clienti dei negozi di musica a decidere i vincintori, ma nell'epoca in cui le canzoni si scaricano da internet, i produttori musicali che organizzano il premio hanno deciso di aggiornare il metodo di votazione.
Durante la serata hanno cantato molti grandi artisti, da Beyoncè ai Coldplay, dalla star di Disney Channel Miley Cyrus (che ha festeggiato il compleanno proprio domenica, spegnendo in diretta le candeline dei suoi sedici anni), alla veterana Annie Lennox che di anni ne ha invece 53 e che ha ricevuto nel corso della serata il premio alla carriera.

lunedì 24 novembre 2008

RIHANNA trionfa agli American Music Awards


Rihanna è stata protagonista alla serata degli American Music Awards: per lei i premi di miglior artista femminile nelle categorie Pop/Rock e Soul/R&B. La cantante nata alle Barbados è stata anche una delle performer della serata che ha visto esibirsi artisti del calibro dei Coldplay, Beyoncè e Christina Aguilera.

domenica 23 novembre 2008

VENDITTI...riparte da ROMA


Chissà che non ci sia un tris, magari sotto Natale. Intanto questo è un bis. Antonello Venditti torna al Palalottomatica con il suo tour Dalla pelle al cuore, dopo aver viaggiato tutta l’estate e aver rimesso in piedi la carovana per questo supplemento invernale: sabato scorso debutto con grande successo ad Ancona, stasera tappa casalinga a Roma, poi avanti fino al 20 dicembre al Forum di Milano con appendice per un Capodanno a piazza del Campo, a Siena («uno dei posti più belli al mondo»). «Chiamiamola tournée per i ritardatari» scherza Antonello, ma assicura che, per l’occasione, ha in serbo diverse sorprese. Quasi un voler ripagare il pubblico della fiducia. Perché Venditti è un artista che ha ben presente il sentimento della riconoscenza, un sentimento non molto frequentato nel mondo della musica. Come ha ben presente l’importanza delle sensazioni che vengono dal rapporto stretto, fisico con il pubblico: «È un miracolo, il mondo tracolla, ma noi siamo qui. I concerti sono piccole luci che si accendono nel buio. Penso ai sacrifici delle famiglie per venire, ormai i prezzi dei biglietti sono impraticabili. È come incontrare un’altra Italia. Un paese che di giorno arranca dietro ai problemi quotidiani, ma di sera sa godersi quel miracolo che sul palco si ripete ogni volta».
Un pubblico sorprendente, formato anche da molti giovani: «Mi ha colpito vedermeli davanti, pensare a come vengono descritti, frequentatori delle discoteche, delle droghe, che prendono la macchina e vanno ad ammazzarsi. E, invece, sono vittime di questa società bloccata: chi ha meno di 40 anni è escluso completamente. Per anni i giovani sono stati descritti in maniera sbagliata. Bollati come "bamboccioni" che non vogliono muoversi da casa. Tutto quello che sta succedendo, parlo delle proteste del mondo della scuola, dovrebbe farci contenti, significa che i nostri figli si stanno finalmente interessando al loro futuro». Una vivacità che si rivela anche nei nuovi mezzi di comunicazione: «Trovo internet entusiasmante. È una grande opportuinità che va utilizzata e, per esempio, YouTube ti dà l’idea di come stia cambiando la musica. L’altro giorno ho provato a guardare i miei pezzi. Dalla pelle al cuore è stata visitata un milione e 130 mila volte, Alta marea un milione. Altro che crisi, è come essere negli anni d’oro della musica».
Antonello porta a Roma lo show già rodato, ma con qualche ritocco in particolare proprio per l’appuntamento al Palalottomatica: «Per l’occasione tirerò fuori di nuovo il pianoforte, trascurato per tutto il tour, tranne la tappa di Verona.

sabato 22 novembre 2008

BAGLIONI.....a TORINO


Lunedì sera Claudio Baglioni torna a Torino per esibirsi alle 20,30 al Teatro Regio in un concerto a sostegno del Fai. Il Fondo Ambiente Italiano propone i biglietti a tariffe varianti dai 35 ai 120 euro per non iscritti, con riduzioni per già sia in possesso della tessera. L'ente ambientalista informa che nel corso del weekend ci si può rivolgere per informazioni al numero verde 800166250, attivo dalle 10 alle 17; la biglietteria del Regio è invece aperta soltanto oggi dalle 10,30 alle 16.
Più che uno show, quello del cantautore romano si annuncia come un recital dai colori autunnali. Il concerto torinese non è infatti inserito nel piano di viaggio della tournée in corso, che vede Baglioni in transito tra una decina di date al Teatro Allianz di Milano, da cui si congeda questa sera, ad altrettanti spettacoli in programma da mercoledì a Roma. Per rispondere all'invito del Fai, l'autore di «Questo piccolo grande amore» ha scelto la dimensione più intima, e si presenta da solo con il pianoforte. In programma le canzoni più celebri di una carriera lunga quasi quarant’anni.
Torino ha segnato tappe cruciali nella carriera di Claudio Baglioni: nel bene, con la composizione e l'esecuzione dell’inno ufficiale delle Olimpiadi 2006; e nel male, quando al vecchio Stadio Comunale fu fischiato dal pubblico del mega-raduno rock per Amnesty International. Ma in città si sono consumate anche altre tappe della carriera dello chansonnier capitolino, come lui stesso ricorda: «Nel 1972 venni a Torino per la mia prima trasmissione televisiva. Era una specie di trascrizione in versione musical di «Questo piccolo grande amore" che doveva essere inserita nel programma “Tutto è pop", ai tempi un punto di forza nelle produzioni della sede Rai subalpina. Un altro bel ricordo risale all'inverno del 1981, quando scelsi il Palazzo dello Sport del Parco Ruffini per il debutto di una delle mie tournée più fortunate, “Strada facendo", che sarebbe proseguita negli stadi fino a dare vita al disco dal vivo "Alè - oò"». Un impatto caloroso, che nelle parole di Baglioni si materializza come fosse una storia d'oggi: «La scommessa era forte, in quel periodo si dava per scontato che a riempire certi spazi potessero essere soltanto le grandi star provenienti dall’estero. Invece quel mio tour, come poco prima il “Banana Republic” di Lucio Dalla, Francesco De Gregori e Ron, fecero capire che anche noi italiani potevamo farcela. Quella sera capii subito che tutto sarebbe andato alla grande, c'era gente dappertutto, qualcuno addirittura era accovacciato sul palco accanto a noi, perché dalle gradinate si debordava». L'ultimo storico flash legato alla nostra città è targato 1996, anno di grazia, è il caso di dirlo: «Mi invitarono a tenere il concerto di Natale in Vaticano per Papa Giovanni Paolo II, e mi presentai con l'ensemble migliore, l'Orchestra Filarmonica di Torino». L'ultimo passaggio live di Claudio Baglioni a Torino risale all'aprile 2007, quando cantò al Pala Olimpico.

Rollingstone: ARETHA voce del secolo


Non sono molti i dubbi sul fatto che Aretha Franklin sia stata la più straordinaria voce apparsa sulla scena del rock e del soul: per qualità naturali, per capacità tecniche oltre che emotive. Un fenomeno assoluto.
Ora, a sanzionare questa supremazia, c’è un ampio e qualificato sondaggio messo in piedi da una delle più prestigiose riviste musicali, l’edizione americana di Rolling Stone che ha messo in piedi un articolato sondaggio che mette in fila i primi cento cantanti a giudizio di un gruppo qualificatissimo di esperti che va da alcune grandi star della musica come Bruce Springsteen, Rod Stewart, Justin Timberlake, George Michael, Keith Richards, Carlos Santana, B.B.King, Lenny Kravitz, Billy Joel, Ringo Star e via dicendo a dirigenti discografici, produttori, giornalisti (in tutto 176 votanti). Insomma un sondaggio qualificato, pertanto attendibile e, per una volta, condivisibile in buona parte.
Di sondaggi di questo genere ne sono stati fatti spesso, a volte strampalati, altre dettati da meri interessi promozionali, altri ancora caratterizzati da insipienza. Stavolta la lista è lunga ed è anche attendibile. Unico neo l’aver voluto catalogare il tutto come una sorta di rock parade, quando molti dei prescelti sono cantanti soul, blues o rhythm ’n’ blues (dodici black star nei primi venti posti) e, a questo punto, visto che le pareti fra i vari generi musicali oggi sono praticamente crollate stona l’assenza di artisti della world music o l’aver ignorato il patrimonio del jazz. Altra magagna l’assoluto, anzi il totale, disinteresse per tutto ciò che non appartiene alla cultura anglosassone. Peccato.
Sulla vittoria di Aretha c’è poco da discutere, comunque: straordinaria interprete di successi come Respect, A natural woman, Think, la cui fama è stata solo arrestata dalla sua invincibile fobia per l’aereo che ne ha limitato fortemente l’attività live (qualche tempo fa ci fu un impresario che la convinse a seguire dei corsi per vincere quella paura: evidentemente l’esperimento è fallito).
Al secondo posto c’è un altro fuoriclasse indiscutibile come Ray Charles (e bastano la sua Georgia o il suo sibilo in I got a woman per giudicare la sua potente maestria). The King Elvis è solo terzo, ma come biasimare la scelta di fronte a tali fuoriclasse? I primi sei sono tutti personaggi scomparsi da tempo (quarto è Sam Cooke, quinto è John Lennon e sesto Marvin Gaye).
Il primo vivo è Bob Dylan che, al settimo posto, precede un altro artista ancora in attività come Stevie Wonder (fra di loro c’è il magico Otis Redding di (Sittin’ on) The dock of the bay. E decimo è un altro re, quello del soul: James Brown. L’altro Beatle Paul McCartney è undicesimo. Mick Jagger è solamente sedicesimo, davanti a Tina Turner, a Freddy Mercury e a Bob Marley, il re del reagge.
Non c’è dubbio che nelle scelte pesi in qualche caso non solo il fatto puramente vocale, ma anche la suggestione del personaggio, vale questo a spiegare la posizione di John Lennon o di Bob Dylan, strepitosi artisti ma che vocalmente certo non avrebbero potuto competere con la potenza di un Freddy Mercury (ma Bono, spiegando nella rivista, cosa rappresenta per lui Dylan spiega: «Ha cambiato il modo di cantare la musica popolare, senza di lui sarebbe difficile immaginare Tom Waits, Bruce Springsteen, Eddie Vedder, Kurt Cobain»). E la vocina di Michael Jackson? È al venticinquesimo posto e precede di tre posizioni una celebrata regina come Janis Joplin.
Prince è trentesimo e Bono trentaduesimo (forse avrebbe meritato una valutazione superiore). Whitney Houston, la prima Whitney aveva una voce strepitosa, paga il peso delle sue sconsideratezze e il conseguente stop alla sua carriera (è numero 34). Comunque precede Bruce Springsteen (36mo). Scendendo nella classifica ecco Kurt Cobain al 45, Jim Morrison al 47, Brian Wilson dei Beach Boys al 52, Eric Burdon degli Animals al 57, Rod Stewart al 59, Maria Carey al 79, Tom Waits all’82, Annie Lennox al 93, Joe Cocker al 97 e Mary J.Blige al 100 che si rifà cantando le lodi di Aretha «la mia maestra».

I primi dieci della classifica di Rollingstones:
1 Aretha Franklin
2 Ray Charles
3 Elvis Presley
4 Sam Cooke
5 John Lennon
6 Marvin Gaye
7 Bob Dylan
8 Otis Redding
9 Stevie Wonder
10 James Brown

venerdì 21 novembre 2008

GIORGIA presenta "SPIRITO LIBERO"1992-2008


«Se riuscite ad arrivare in fondo al primo cd, allora poi è fatta. Dopo, è possibile riprendersi...». Così la 37enne Giorgia ha presentato, oggi a Milano, il suo «nuovo-vecchio» disco, una raccolta di grandi successi (e quattro inediti) in confezione deluxe, con tre cd (esiste anche una versione più ricca, tre cd+dvd, con tutti i video della cantante romana, 19, e alcune chicche televisive, esibizioni live, comprese quelle di Sanremo).
Si intitola «Spirito Libero, viaggi di voce 1992-2008», uscirà domani in tutti i negozi e ripercorre, appunto, in tre dischi tematici («Per abbracciarsi», con le canzoni più melodiche; «Per liberarsi», con le musiche più «spinte»; «Per (ri)incontrarsi», con inediti, versioni dal vivo anche mai pubblicate e duetti) i brani che hanno segnato la carriera dell’artista, alcuni dei quali riarrangiati e reinterpretati.
Giorgia, cercando di non prendersi mai troppo sul serio, con ironia e modestia, marchio di fabbrica del suo carattere, racconta la genesi del lavoro: «Fare questo disco - ammette - è stata un’esperienza profonda, sotto punti di vista diversi. In questo album c’è un pezzo della mia vita ormai andato, vissuto». I brani sono tanti, ben quarantacinque; gli inediti, come detto, quattro («Per fare a meno di te», sulle stesse sonorità di «Di sole e d’azzurro», «Via col vento», «Farei di tutto» e «Lacrime amare», da un provino risalente al 2003) e in tutti c’è il contributo, più o meno importante, della stessa cantante, tra musica e parole.
Undici le canzoni cantate ex novo nel 2008, non, però, «Come saprei», che resta fedele all’edizione originale già ammirata su «Come Thelma e Louise», del 1995, anno in cui Giorgia trionfò anche al Festival di Sanremo. Il motivo? Lo spiega la stessa cantante: «Ci ho pensato, in realtà, ma non ce l’ho fatta. Mi sarebbe sembrata una mancanza di rispetto nei confronti del pubblico rifare un brano che mi ha dato così tanto».
Le cose più belle della raccolta si trovano, a nostro avviso, nel terzo cd, dove è possibile ascoltare un delizioso duetto con Mina, introdotto da un «solo» di chitarra elettrica, la già famosa «Wève got tonight», un singolo del 2002, riuscita ballata del rocker di Detroit Bob Seger interpretata da Giorgia e Ronan Keating, e una versione di «(You make me feel like) a natural woman» registrata live addirittura nel 1992, con Alan Soul e gli «Io Vorrei La Pelle Nera».
«L’abbiamo suonata nel centralino dell’Olimpico, a Roma, in un posto che all’epoca ci sembrò immenso», ricorda oggi, con un pizzico d’emozione, Giorgia.
Oggi 21 novembre, nasce anche la sua radio online, «Radio Spirito Libero», sul sito www.dada.net: ogni settimana l’artista presenterà una speciale selezione musicale, composta dai brani da lei più amati, «giusto per inquinare un po’ l’etere musicale», spiega, «ma anche per poter far ascoltare canzoni che altrimenti difficilmente si sentirebbero per radio, o su alcune radio, visto che c’è una playlist da seguire ecc, ecc. Questa volta, la playlist la farò io... », conclude.

mercoledì 19 novembre 2008

Risorgono i Guns N'Roses


Una sola leggenda era ormai in circolazione nel rock, legata alle pazzie di un’epoca che si è dissolta. Era quella di Chinese Democracy, l’album che Axl Rose, 46 anni, leader dei Guns N’Roses (e ormai unico componente originale della band con il tastierista Dizzy Reed) stava riscrivendo da 15 anni, tanto che si dice che i costi di lavorazione siano nel frattempo saliti a 13 milioni di dollari. Roba da tela di Penelope. Ma ora quel disco già saccheggiatissimo in rete esiste e anzi uscirà in Italia il 21 novembre: sulla copertina seppiata, una bici d’epoca da panettiere, appoggiata a un muro dov’è scritto il nome della band.
Rispetto ai celebrati e antichissimi cinque album precedenti (gli ultimi due del ‘91), è come se i Gunners di un tempo fossero diventati grandi. Dei 14 brani, tutti firmati Rose con vari collaboratori, il più debole sembra proprio la title-track che ha appena esordito nelle radio. Avendo ascoltato dal vivo nel 2006 a Madrid uno spolmonatissimo Axl, sembra impossibile ritrovarlo qui ora, certo con la tonalità più bassa, ma ancora alle prese con il suo falsetto, anche se un po’ spompato, e con i caratteristici toni striduli. Ma comunque capace di sparare le sue cartucce facendosi largo fra micidiali schitarrate (di sei chitarristi, ma non di Slash...) che popolano pezzi rock e due scatenati titoli punk da pogo, Scraped e Riad N’the Bedouins, dove dice di fregarsene del problema mediorientale («Perché sono matto»). Ci sono blues, incipit orientaleggianti, distorsioni, qualche ardito dialogo fra violini e batteria; Madagascar è una sorta di sinfonia che sottende un collage di frasi fra le quali «I have a dream» dalla voce di Martin Luther King. Fra le ballads di Axl al piano, è struggente This is Love. Fra recriminazioni, confessioni, disillusioni, provocazioni, sembra proprio che Axl sia uscito dal tunnel e possa andare avanti.

Guns N’Roses, «Chinese Democracy»
Geffen-Universal

martedì 18 novembre 2008

JOVANOTTI il RE del pop 2008


Il re del pop italiano nel 2008, si può ormai dire, è stato lui. Se Vasco ha sbaragliato negli stadi straesauriti, Jovanotti ha invece messo insieme il tour più sorprendente, divertente, spettacolare, nell'inventiva e nella tecnologia; e il suo «Safari» poi è stabile nelle zone alte della classifica da 43 settimane, con oltre 500 mila copie vendute. Il marketing discografico se ne esce ora con una «Safari Christmas Limited Edition» con in più quattro pezzi live, e il DVD «Nessuna ombra intorno» che racchiude tutti i concerti della tournée in un racconto filmico che ha la regìa di Marco Ponti, l'autore di «Santa Maradona». Spunta pure un libro fotografico, «Voi siete qui», di Francesco Raffaelli, artista a suo modo, catapultato alla conferenza di un Jovanotti bombastico, che oggi sarà ospite del Premio Videoclip Italiano allo Iulm. E' alla vigilia di una nuova tranche del tour, al quale è mancata quest'anno solo la kermesse a San Siro: «Ma a gennaio non sapevamo che il disco sarebbe andato bene, il mio manager Maurizio Salvadori non è uomo di grandi rischi ed è meglio così».

lunedì 17 novembre 2008

Torna "SEX BOMB"alias...TOM JONES


Abbandonarsi a ricordi struggenti, cantare le malinconie del tramonto, rivivere gli standars d’epoca? Non se ne parla. Tom Jones non è Johnny Cash e nemmeno Rod Stewart. Va all’attacco, lui, e i suoi 68 anni se li porta da focoso gallese convinto di poter continuare a fare breccia nell’immaginario giovanile e, perché no, femminile. In fondo, Sex Bomb fu solo 8 anni fa un successo tanto travolgente, da strapparlo dall’album dei ricordi e riproiettarlo direttamente nelle discoteche. Prima che l’eco di quell’impresa (tutto sommato inaspettata) sfumi, arriva il 21 novembre 24 Hours, album dalle ambizioni pesanti che vuol prendere di mira sia i vecchi fans, sia i ragazzi che hanno ballato e cantato Sex Bomb.
Come produttori, intanto, sono stati scelti dei modaioli: il duo british Future Cut, che ha appena lavorato con fresche fanciulle come Lily Allen ed Estelle. Ma Tom Jones oltre ai produttori sa scegliersi gli amici. Due per tutti, Bono e The Edge, la magica coppia degli U2: dai quali (si dice dopo una notte di baldoria alcolica in un pub di Dublino) è riuscito a farsi scrivere Sugar Daddy, uno dei brani già più chiacchierati dell’album, pennellato su un personaggio maturo che tacchina una giovincella: «Del maschietto ho l’intuizione/ e del sesso l’ambizione...non si manda un ragazzo a fare un lavoro da uomo», recitano le liriche che non hanno granché bisogno di note esplicative. Rivela fiero il gallese di essersi sentito dire da Bono: «Sei l’unico che possa affrontare un testo del genere. E’ una bravata di canzone, tu puoi continuare a divertire, se ti diverti anche tu».
Ma l’album, che è il primo di inediti dal 1993 di Tom Jones, non rinuncia alle cover. Anche qui la scelta è stata di prima classe, nel mondo della più significativa canzone d’autore, con The Hitter, su un vecchio boxeur, presa dall’album Devils&Dust di Bruce Springsteen e registrata in acustico con l’aggiunta di fiati; l’intenzione è di far risaltare il versante drammatico del vecchio leone, lo stesso che si ritroverà nella title track 24 Hours, ambientata in un braccio della morte.
L’idea di partenza di Jones è stata di non fare soltanto un viaggio nella nostalgia: «All’inizio mi hanno proposto di incidere un altro album di cover, ma mi è sembrato che sarebbe stata la solita vecchia storia, far rivivere dei brani che già avevano avuto una loro buona stagione. Questa volta mi sembrava proprio che fosse l’ora di guardare avanti. Finora ho avuto dei successi che mi sono capitati addosso, e sono stato anche parecchio pigro, mi sono sempre affidato alla fortuna». Spiega di aver scartato un pacco di materiale: «Ho letto testi come "Stai bene con la mia maglietta addosso, ma stai anche meglio se te la togli". Non era questo che volevo cantare, troppo facile. Così sono diventato molto attento sulla scrittura dei testi».
In quanto alla musica, Thomas Jones Woodward (questo è il suo vero nome), figlio di un minatore gallese e voce assai «nera», non poteva non approfittare della rinascita del movimento soul, e dei trionfi di Amy Winehouse. Così, con i Future Cut, ha lavorato a uno stile vintage che oggi va per la maggiore. Ma il bello è che questo disco uscirà anche negli Usa, dove risiede con la moglie da parecchi decenni ma dove da 15 anni non pubblicano un suo album: a fare il miracolo, dev’essere stata ancora Sex Bomb.

McCARTNEY "Arriva l'ultimo inedito dei Beatles"


Carnival of light potrebbe vedere la luce a breve. L’ex Beatle Paul McCartney ha deciso di pubblicare il pezzo sperimentale e inedito dei Beatles: 14 minuti di chitarre distorte, organo, gargarismi e grida libere di «Barcelona!» e «Are you all right» di Macca e John Lennon, registrati nel 1967. McCartney ha annunciato in un’intervista alla Bbc, che sarà mandata in onda giovedì, che è arrivato il momento di far ascoltare la canzone. Estratti dell’intervista sono stati riportati dall’edizione domenicale di The Observer. Lo storico chitarrista avrebbe già voluto pubblicare «Carnival of Light» nell’album dei Beatles «Anthology» del 1996, ma gli altri membri del gruppo glielo proibirono.
A tutt’oggi manca ancora il nullaosta di Yoko Ono e Ringo Starr. Paul McCartney, però, ha deciso. E' ora che il mondo ascolti un brano sperimentale per 40 anni negato ai fan. Venne commissionato per un festival al Rounhouse Theatre di Londra ed inciso negli studios di Abbey Road durante la lavorazione di Penny Lane. John, Ringo e George - ha raccontato Sir Paul alla Bbc - bocciarono il brano in quanto troppo «all'avanguardia», lo eseguirono dal vivo una sola volta. A McCartney invece piaceva e piace ancora. «La cosa che più mi colpisce è che sono i Beatles in piena libertà, i Beatles che vanno fuori pista», ha sottolineato, aggiungendo che «è arrivato il suo momento». McCartney, intanto, continua a produrre materiale nuovo. L'intervista alla Bbc segna infatti l'uscita del terzo album di musica sperimentale prodotto con il nome Fireman.

sabato 15 novembre 2008

"Primavera in anticipo" ...PAUSINI


Laura Pausini ha fatto un altro passo avanti. Dopo quattro anni senza brani inediti, ecco “Primavera in anticipo”, senza dubbio il suo album più personale e maturo, un’altalena di emozioni capace di conquistarsi l’attenzione dei fan di tutto il mondo.
Sempre più a suo agio come compositrice (firma gran parte dei brani) e padrona di una voce tra le più personali del panorama pop mondiale, Laura è ancora una sorpresa per l’intensità con cui si mette in contatto con noi e riesce a confidare i suoi pensieri più profondi e sofferti come nel singolo “Invece no” (testo scritto con Niccolò Agliardi), dedicato a chi non ha avuto il tempo di dirsi tutto, o come nelle riflessioni amare di “Il mio beneficio” (con le parole di Pausini/ Cheope).
Diversi gli stati d’animo del disco, dall’energia beneaugurante di “Mille braccia”, autentica cascata di positività, fino alle atmosfere inedite di “Sorella terra”, un canto di terribile attualità che tralascia gli inutili toni polemici per concentrarsi su rapporto intimo e ancestrale che ci unisce al nostro pianeta (“Fino a perdermi /nell’armonia celeste/di quest’estasi”).
Una Pausini sempre sorprendente, come nel duetto con il grande cantautore inglese James Blunt nel brano che dà il titolo all’album (musica di Vuletic, testo di Pausini/Cheope e dello stesso Blunt per l’adattamento in inglese)
Laura è un uragano contagioso, ancora cresciuta nelle capacità interpretative ed emotivamente trascinante come non mai fino a registrare una pietra miliare nella sua carriera decollata proprio 15 anni fa dal palco del Festival di Sanremo.
Nobilitate anche dagli archi dei celebri Abbey Road Studios di Londra (quelli dei Beatles), ognuna delle 14 canzoni di “Primavera in anticipo” conserva le sue innumerevoli sfumature grazie all’attenta ricerca dei musicisti, capaci di adattarsi perfettamente alle necessità dello spartito senza personalismi sterili o accordature di maniera.
Dalla dichiarazione d’amore di disarmante sincerità di “Un fatto ovvio” fino alle considerazioni amare e sofferte di “Prima che esci” (musica e parole di Gianluca Grignani), le canzoni di “Primavera in anticipo” fotografano gli ultimi tre anni di vita di Laura Pausini, la nostra artista più amata in tutto il mondo per la contagiosa spontaneità e l’indubbia potenzialità espressiva. Laura Pausini è sincera e contagiosa e riconferma la sua clamorosa capacità di trasformare i sentimenti in musica. Un dono che l’ha già consacrata come una popstar planetaria da 40 milioni di album venduti.

BEYONCE', un doppio album...e il cinema


Un album "alter ego”. Così Beyoncè definisce “I am… Sasha Fiere”, il suo doppio cd che arriva domani nei negozi di dischi e che è anche il primo nuovo lavoro da studio della cantante dalla pubblicazione di “B’Day”, il memorabile album dalle vendite “multiplatino” pubblicato il 4 settembre 2006 in concomitanza con il 25° compleanno dell’artista e vincitore del Grammy Award.
«Quando ho iniziato il lavoro per il disco - racconta Beyoncè - ero consapevole di dover crescere, artisticamente parlando. Anche se la mia carriera è stata coronata da indiscusso successo e fortuna, voglio continuare a sentire questa sensazione di sfida, voglio essere tesa ed irrequieta prima di affrontare gli impegni che rendono la mia carriera così eccitante».
I due cd del doppio album rivelano ciascuno un lato distinto della personalità, del carattere e della sensibilità di Beyoncè, una sorta di forum per lo yin e lo yan, i mondi opposti che governano un’ingegnosità artistica in continua evoluzione. Il primo dei due supporti, intitolato “I am..”, è infatti una rassegna delle ballate che stanno più a cuore all’artista, mentre la seconda parte, “Sasha Fiere”, dà voce alla Beyoncè che predilige il repertorio più ritmato con atmosfere dance.
«Sasha Fierce è il mio alter ego - spiega Beyoncè - che ora ha anche un nome e un cognome. Esiste una seconda personalità che prende il sopravvento quando è il momento di lavorare o salgo sul palco, un alter ego che io stessa ho creato e che, in un certo senso, ha il ruolo di proteggere ciò che sono realmente. È questo il motivo per cui metà del disco, “I am..”, rappresenta quella parte di me che si cela sotto il trucco, le luci dei riflettori e la magia dell’interpretazione drammatica. “Sasha Fiere” svela invece il lato più spiritoso, sensuale ed aggressivo, la personalità più schietta e seducente che balza fuori quando sono al lavoro o mi esibisco dal vivo. Il doppio album mi permette di osare di più, di uscire allo scoperto, o forse dovrei dire ... di scavare meglio dentro di me, per mostrare quel lato che solo gli amici conoscono», sottolinea l’artista che Beyoncè ha da poco terminato di lavorare a due importanti progetti cinematografici, uno dei quali la vede interpretare il ruolo della leggenda dell’R&B Etta James nel film di Darnell James “Cadillac Records”.
«Interpretare Etta James sullo schermo - confessa Beyoncè - è stata una sfida emotivamente molto impegnativa. Etta ha infatti dovuto affrontare grandi sfide, esperienze che io non ho mai vissuto. Ho dovuto scavare a fondo nel suo personaggio per immedesimarmi in quel ruolo ed interpretarlo al meglio. Di lei mi ha colpito il grande coraggio: è rimasta Etta in ogni situazione. Era decisa ed audace e non ha mai cercato di cambiare, per nessuno. È stata una delle incontrastate regine. Se non avesse attraversato lei quel confine - è la prima afroamericana a portare a livello internazionale la sua sublime miscela di blues e pop - probabilmente non sarei arrivata fin qui. Ritengo che questa sia stata la mia migliore interpretazione come attrice. Mi ha dato la forza e la fiducia necessarie per uscire ulteriormente dal mondo nel quale mi ero rifugiata», conclude.

venerdì 14 novembre 2008

Addio all'ultimo della banda HENDRIX


E' MORTO ieri in una stanza d'albergo a Portland, negli Stati Uniti, Mitch Mitchell, batterista di uno dei più formidabili gruppi rock di tutti i tempi: la Jimi Hendrix Experience. Mitchell, 62 anni, si trovava nella città dell'Oregon per riposarsi dopo aver concluso venerdì scorso un tour della West Coast con la sua band. Secondo i primi accertamenti, il musicista inglese sarebbe morto per cause accidentali, ma sarà comunque un'autopsia a dire l'ultima parola.
Con lui se ne va l'ultimo membro dello storico gruppo di Jimi Hendrix che, sul finire degli anni Sessanta, rivoluzionò la scena rock mondiale. Qualche anno fa, nel 2003, era infatti scomparso anche il bassista Noel Redding. Venne trovato morto nella sua abitazione, nella contea di Cork in Irlanda. Anche lui piuttosto giovane: aveva 57 anni.
E' una maledizione quella che si è abbattuta su una delle più famose band degli anni Sessanta e la cui prima vittima fu proprio il leggendario chitarrista americano. Era il 18 settembre 1970 quando Jimi Hendrix, all'acme della popolarità, morì in circostante mai del tutto chiarite in un hotel nei pressi di Notting Hill a Londra. Aveva solo 27 anni.
Non ne erano passati neppure cinque da quando era nato il suo gruppo, la Jimi Hendrix Experience. Si trattava di una band costruita a tavolino da Chas Chandler, il bassista degli Animals che - dopo aver scoperto il talento di Hendrix a New York -decise di portare il chitarrista nero nel Regno Unito per farne una star.
Per raggiungere l'obiettivo era necessario un gruppo che affiancasse l'esuberante mancino di Seattle. Le audizioni portarono in dote John "Mitch" Mitchell che, fino a quel momento, aveva lavorato nel mondo dello spettacolo con qualche particina in tv e come attore delle fiction radiofoniche in voga all'epoca. E il chitarrista Noel Redding che venne convinto, seppur controvoglia, a suonare il basso. Era l'autunno del 1966. Il mondo della musica stava cambiando e, con esso, l'universo giovanile.
Il successo del gruppo fu immediato. I devastanti concerti dal vivo, con i vestiti sgargianti e le esplosive performance chitarristiche di Hendrix lanciano la band nell'olimpo del rock. Alla fine dell'anno esce il singolo "Hey Joe" che vola subito in classifica. Nel 1967 arriva il manifesto della psichedelia hendrixiana, l'album "Are You Experienced?" che contiene classici del calibro di "Foxy Lady", "Fire" e "Manic Depression".
Il successo del gruppo è confermato dalla straordinaria partecipazione al Festival Pop di Monterey quando Hendrix incendia la chitarra sul palco, mandando il pubblico in visibilio.
Alla fine dell'anno viene pubblicato il secondo album del gruppo, "Axis: Bold As Love", mentre nel 1968 esce l'ultimo ambizioso disco della band, il doppio "Electric Ladyland" che contiene, tra l'altro, una versione stravolta di "All Along The Watchtower" di Bob Dylan.
I concerti si susseguono a ritmi frenetici e il gruppo non regge più la pressione della vita "on the road", tutta sesso, droga e rock'n'roll. I rapporti personali si incrinano e, nonostante il successo, la band si dissolve. Il primo a gettare la spugna è il bassista Noel Redding che abbandona il gruppo e si dedica ai suoi progetti personali come chitarrista, prima di ritirarsi nella tranquillità della campagna irlandese. Il batterista Mitch Mitchell prosegue per un periodo con Hendrix, prima di mollare anche lui e suonare, nel corso degli anni, con musicisti importanti quali Jeff Beck o John McLaughlin.
Hendrix continuerà la sua straordinaria avventura artistica ancora per un anno, assoldando altri compagni di viaggio con i quali regala ancora esibizioni straordinarie come quella, memorabile, di Woodstock. La Jimi Hendrix Experience rimane comunque la sua formazione migliore. Quella che tutti ricordano. E che da ieri, con la scomparsa di Mitch Mitchell, non c'è più.

martedì 11 novembre 2008

ADDIO LOTTATRICE..."MAKEBA"


Mama Africa, Miriam Makeba, se n’è andata uscendo di scena con un finale ad effetto. Aveva speso tutta la sua vita per l’impegno civile ed è morta "sul campo", a Castel Volturno, un luogo-simbolo della lotta alla criminalità ed alla sopraffazione, dove aveva voluto partecipare a tutti i costi, nonostante le non brillanti condizioni di salute, al concerto anticamorra a sostegno dello scrittore Roberto Saviano. L’artista di colore, 76 anni, era divenuta famosa in tutto il mondo per essersi battuta vigorosamente contro il regime dell’apartheid che aveva dilaniato il suo Paese, il Sudafrica. Non a caso era diventata delegato delle Nazioni Unite.
E non a caso il suo impegno contro la segregazione razziale, ingigantito dalla fama di cantante nota in tutto il mondo, aveva causato la reazione del governo sudafricano che, nel 1963 - in pieno regime di apartheid - l’aveva costretta all’esilio ed aveva messo al bando tutti i suoi dischi. Da alcuni anni, per motivi professionali, la Makeba si era già trasferita in Europa, anche se continuava a frequentare di tanto in tanto il suo Paese d’origine. Dopo che le fu imposto l’esilio, per tornare in Sudafrica, Miriam Makeba dovette attendere quasi 30 anni: soltanto nel 1990, infatti, Nelson Mandela riuscì a convincerla a tornare nella terra dove era nata - sua madre era di etnia swazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa - e che era stata costretta ad abbandonare.
Trasferitasi prima in Europa e poi negli Stati Uniti, proprio in quella lunga fase della sua vita, espresse il meglio di sè nel campo artistico. In America Miriam Makeba incise le sue canzoni più conosciute: Pata Pata, The Click Song e Malaika. Nel 1968 si sposò con Stokely Carmichael, un attivista per i diritti civili. Il matrimonio scatenò grandi polemiche negli Stati Uniti e la sua carriera ne subì un notevole rallentamento. Si separò dal marito - con il quale si era trasferita in Guinea - nel 1973. Nel 1985, dopo la morte della sua unica figlia, Bongi, tornò a vivere in Europa. Nel 2005 decise di dare il suo addio alle scene e lo fece con un memorabile tour, che toccò tutti i Paesi del mondo nei quali si era esibita. Ma il destino, per l’addio definitivo, le aveva riservato un altro appuntamento. Quello che ieri sera l’ha condotta sul palco di Baia Verde, a Castel Volturno, dove un pubblico accorso per una grande testimonianza di impegno civile, le ha riservato l’ultimo, indimenticabile applauso.
«È giusto che gli ultimi momenti di vita di Miriam Makeba siano passati sul palconoscenico». Lo ha detto oggi l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela commemorando la grande cantante morta questa notte a 76 anni alla fine di un concerto contro la camorra. «Le sue melodie hanno dato voce al dolore dell’esilio che provò per 31 lunghi anni» ha detto Mandela, rendendo omaggio a una delle «madri» della lotta contro l’apartheid. «Allo stesso tempo, la sua musica effondeva un profondo senso di speranza».

domenica 9 novembre 2008

Il maestro GUCCINI...


TORINO
Dal palco del MazdaPalace, gli studenti contestano il futuro che si prospetta per l’Università. Ascoltano silenziosi i quasi diecimila del pubblico, nel parterre non c’è faccia che mostri più di 25 anni. Mancano pochi minuti al concerto di Francesco Guccini e ti guardi intorno: che anno sarà? Poi, alzi gli occhi alle gradinate e lo zoom sulle teste grigie comincia a restituire il senso del presente, finché ad allontanare ogni dubbio arriva il Maestrone, con i suoi luogotenenti musicisti; veloci, dedicati ma (come lui) non lustri, canuti, tendenti a pinguedine che denuncia uno stile da bon vivants. Ci siamo, è definitivamente il 2008. Però, quarant’anni anni dopo, Guccini & i Suoi sono esattamente quella cosa lì che uno ha sempre voluto vedere, tanto che per martedì prossimo al Forum di Milano è da tempo tutto esaurito.
Il Maestrone - secondo Umberto Eco il più colto di tutti i padri cantautori - ha lasciato correre in avanti i colleghi. Fra pigrizia e civetteria, ha scelto di non evolversi, se non costruendosi nella carriera parallela di scrittore che lo prende non poco. E’ l’unico della sua specie ad essere rimasto un classico: con lui, è come sentire i Sonetti dalla bocca di Shakespeare. La civetteria consiste semmai nello spingersi un po’ più indietro, ai pezzi resi celebri dai Nomadi (Noi non ci saremo, Auschwitz, Dio è morto) che vengono cantati in coro o sottovoce da chiunque nel parterre, come del resto grandi canzoni più recenti come Cyrano, che evocano nobili ideali.
Attualità stretta sono le gucciniane chiacchiere. La gente se le beve divertita. C’è molto Berlusconi («Ora dirà: Anch’io da piccolo ero nero» e «Quando invece si incontrerà con Obama, dirà: "I want to excuse me for the battut"», oppure: «Cosa si può pretendere da uno che tre ore dorme, e tre ore tromba?») e molta università gelminiana: «Il professore dirà: "Mi parli del V canto della Divina Commedia, ma prima ecco uno spot"».
Fra le involontarie snobberie gucciniane, c’è quella di far uscire un disco ogni morte di papa. L’ultimo è del 2004, ma qualcosa di nuovo spunta dal vivo: Su in collina, un ballad di Partigiani, e questo struggente Testamento del Pagliaccio, puro Guccini doc: è la storia d’un morto «intossicato da sogni vani di democrazia», con visione molto contemporanea sul funerale.
Nel carniere, Francesco tiene altri pezzi che non canta ora. Nella giungla dedicata alla Bétancourt ancora prigioniera, e poi confessa in privato: «Ce n’è un’altra mezza, Canzone di notte n. 4, o 5, che non faccio ancora in pubblico. Poi un’altra ancora, già tutta in testa, top secret, che dovrei buttar giù con la chitarra. Se solo riuscissi uno di questi pomeriggi a prender in mano ’sta chitarra, se mi tornasse la voglia di suonare tutti i giorni come una volta... Il disco nuovo è mezzo fatto, ma comunque non uscirà prima dell’autunno dell’anno prossimo».
Guccini l’immarcescibile, per sua stessa ammissione è distratto dalla pigra vita di Pàvana, dove sta da sette anni: «Son distratto dalle nuvole basse, dai funghi che giacciono sul lavandino, i cosiddetti "mazzo di tamburo" che mi han dato degli amici. Son distratto dai gatti, tre: Menica, nome tradizionale dei gatti del Molino; suo figlio Pistolicchio e la gatta adottata, detta Paurina perché non si muove da casa. Avendo tre gatti e neanche un cane, non vado a tartufi».
E che fa, a Pavana? «Leggo, vedo qualche amico di sera, hanno aperto un ristorante nuovo. La stagione è finita ed è meglio così, a Porretta trovi da parcheggiare, lì è la nostra capitale». Il problema è: continua a divertirsi? «Quando faccio i concerti sì, anche perché vedo i musicisti, abbiamo un’amicizia più che ventennale, scambiamo battute e opinioni»; l’altra sera con loro faceva il Brunetta della musica, ha minacciato di mettere i tornelli sul palco. Invece: «Non mi diverto affatto all’insegna delle vicende politiche internazionali e nazionali. Bisogna esser ottimisti e ridanciani? Speriamo che una risata non seppellisca noi».
Depressione? «Non vorrei che fosse anche che non ho più vent’anni. Certo non rallegra vedere molta gente in cassa integrazione, siamo proprio sotto zero». Ha cambiato stile di vita, pure: «Adesso fumo poco, vado a letto prestissimo, al massimo l’una; anche a Bologna comunque sarebbe stato tutto diverso, il vecchio giro si è frantumato, gli amici non giocano più a carte. L’età avanza, non puoi continuare a fare lo sgalicio».

TRIBUTO D'ONORE..per "ALEX DEL PIERO"














NESSUNO MAI COME TE!Buon compleanno CAPITANO...

venerdì 7 novembre 2008

Una grande a TORINO...."MINNELLI"


Manca da quindici anni dal nostro paese e non si è mai esibita a Torino: l'arrivo di Liza Minnelli al Teatro Regio ha tutti i crismi dell'evento in grande stile. Lo show dell'attrice cantante statunitense, peraltro assai fiera delle sue origini siciliane, si tiene lunedì 10 alle 21. I biglietti costano 95 euro, 132 euro e 175 euro a seconda dell'ordine di posti; li si può acquistare alla biglietteria di piazza Castello 215 oppure via internet attraverso il sito www.vivaticket.it. La serata è organizzata dall'agenzia Setup, per informazioni il Regio risponde al numero 011/8815241.
Diva. Questa è la natura della star nata dal legame tra Judy Garland e Vincente Minnelli poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La sua carriera si è articolata a partire dalla prima metà degli Anni 60 tra cinema, musical e teatro, raggiungendo l'apoteosi con «Cabaret» e «New York, New York»; sensuale e ironica, popolare e raffinata, Liza Minnelli è un'icona pop che tutti riconoscono al volo, come Marilyn Monroe, Ernesto Che Guevara, Diego Armando Maradona e Mick Jagger.
Uno status che si nutre di successi concreti, come il conferimento dell'Oscar nel 1973 proprio per «Cabaret», di un Grammy Award, di un Golden Globe e di tre David di Donatello. Come pure di una vita sentimentale consumata nel caos di quattro matrimoni finiti a rotoli e di ricorrenti problemi con alcol e psicofarmaci. Lo show, in Italia per sei date che hanno preso il via il 29 ottobre da Roma, è un dispiego di arte varia, senza mezze misure sotto il profilo dell'impegno. La diva dispensa canzoni e danze per due ore, con il sostengo di una big band di dodici musicisti e di un quartetto di cantanti e ballerini.
«Cabaret » e «New York, New York» non possono mancare, e intorno ai due capisaldi fioccano altri brani classici, da «And The World Goes ’Round» a «Maybe This Time». In primo piano scorrono inoltre le composizioni legate a Kay Thompson, arrangiatrice e collaboratrice (nonché madrina) della grande Liza - e anche dei suoi illustri genitori e di Frank Sinatra: è un vero tributo con cui si celebrano i dieci anni dalla scomparsa della Thompson e che si snoda lungo le note di «I Love a Violin», «Clap O’ Your Hands», «Jubilee Time» e «Hello Hello».

Il ritorno di ULTRAVIOLET


E tre. Ritorna con un bel lavoro – nuovo e maturo – il trio che da Pavia è riuscito a portare la propria musica strumentale in giro per il mondo. Nato nel ’99, due anni dopo riesce a farsi produrre il primo album (Soundproof) da una certa Camera Obscura records, che tanto per capirci trova casa in Australia. Per quest’ultima fatica c’è invece lo zampino, manco a dirlo, della sempre ottima Urtovox.
«Un formazione che nelle session di incisione rompe la forma del trio chitarre e batteria. Si apre a voci, contrabbasso, tastiere ed elettronica. Tutto a favore di un piccolo ensemble che ha costruito il proprio suono nell’infuocata stanza degli specchi che occupa il circolo culturale Ortosonico di Pavia».

Le canzoni:
1- reflecting hope
2- sever
3- crash
4- blues for S.B.
5- having a bee in one’s bonnet
6- floodland
7- like a weed
8- can you pass the acid test?
9- Evening stops, heart beats, ghosts catch fire
E’ sempre una bella sensazione quella che si prova ascoltando brani che sanno di viaggio, di ricerca e contaminazione tra stili diversi. Il tutto condito con sonorità mai scontato ma allo stesso tempo vere e concrete, che sanno di strumenti suonati dal vivo.
«L’album rielabora, in forma nuova, I precedenti lavori della band. Le sonorità pulsanti e strumentali, le delicate ed emotive parti vocali indicano nuovi percorsi musicali futuri che, quasi ovunque sul disco, alludono al pop e alla musica psichedelica».
Gli Ultraviolet makes me sick sono:
Alberto Anadone, basso e chitarra
Davide Impellizzeri, batteria
Gianmaria Aprile, chitarra effetti e voce

giovedì 6 novembre 2008

Semplicemente.."FIORELLA MANNOIA"


Sarà generosità d'artista, o rispetto per questa eterna ragazza dai capelli rossi e dalla voce neorealista, fatto sta che nuovi e vecchi amici di firma e di prestigio, hanno donato a Fiorella Mannoia per il nuovo album un pugno di brani di ottima impronta, talvolta migliori di quelli che si son tenuti per sé. Parliamo di Ligabue, Fossati, Tiziano Ferro, un trascinante Jovanotti, un ottimo Pino Daniele, Bungaro, Piero Fabrizi che è il collaboratore storico di Fiorella; e di Franco Battiato, la cui canzone intitola «Il movimento del dare», album in uscita il 7, a 7 anni dagli ultimi inediti. A 58 anni non rivisitati, Mannoia continua ad andare dritto al nocciolo dell'espressività, nella vita come nell'arte, evitando fronzoli e belati: stile che ha necessità di buon materiale, pena grandi guai. E stavolta è andata anche meglio del solito.