mercoledì 31 dicembre 2008

Auguri a tutti...e che lo sia davvero un buon 2009

Vi auguro un felice 2010. Quanto al 2009, qualcuno dice che sarebbe meglio scavare una trincea e passargli sotto il più in fretta possibile. È il primo anno che ci fa paura ancor prima di cominciare. Gli indovini dell’economia prevedono che sarà terribile e, considerato quanto ci prendono, questo è l’unico indizio di ottimismo.
Sarà un momento brusco di passaggio, che premierà chi saprà resistere e cambiare, adeguandosi meglio degli altri al mutamento di realtà. Quel che avevo da dirgli e da dirvi si trova all’interno del giornale, affidato a due pagine di oroscopi. Il Buongiorno, invece, stavolta mi piacerebbe lo faceste voi. Provando a formulare tre desideri. Il primo per voi stessi, il secondo per la persona che amate di più e il terzo per il mondo. Non conta quanto siano grandi, basta che vi riempiano il cuore. Metteteli nel vostro spazio e credeteci, almeno mentre li pensate. Ora entriamo pure nella tormenta del 2009 col bavero alzato e le parole coraggiose di George Bernard Shaw: «La missione di ogni uomo consiste nell’essere una forza della natura e non un grumo agitato di guai e di rancori che recrimina perché l’universo non si dedica a renderlo felice».

martedì 30 dicembre 2008

Aspettando il nuovo SANREMO...

Ancora una volta Sanremo si presenta con un paradosso: un cast di ospiti per le proposte con alcuni di quei nomi che da anni venivano invocati per sostenerne la qualità. Così, in veste di tutor, ci saranno Pino Daniele, Zucchero, che insieme a Maurizio Vandelli, Dodi Battaglia e Fio Zanotti, accompagnerà sua figlia Irene, Lucio Dalla, Riccardo Cocciante, Roberto Vecchioni, Gino Paoli, Massimo Ranieri e perfino Burt Bacharach, una presenza che non può che nobilitare il Festival.
In realtà questa è una scelta che serve, da una parte, a garantire gli ascolti della serata più debole, la finale dei giovani, dall'altra dimostra come questa sia un'edizione che punta tutto sull'ascolto, dopo il flop dell'anno scorso. Anche il meccanismo di voto, che comprenderà una giuria in sala e quindi l'eliminazione in diretta dei cantanti, va incontro ai meccanismi dei più noti format televisivi. E probabilmente con la voglia di trasformare anche questo in uno show spiega il ripescaggio di artisti come Iva Zanicchi, Alexia, Albano, I gemelli diversi, Dolcenera, che ha già alle spalle un'esperienza nel reality. Sul piano artistico il progetto più sorprendente è quello di Pupo, che dopo aver trovato una seconda vita artistica in tv, ha spiazzato tutti mettendo in piedi un trio con Youssou 'n'dour, voce simbolo dell'Africa, e Paolo Belli. Il tutto con la benedizione della Nazionale cantanti.
La presenza sicuramente più sorprendente è quella di Sal da Vinci, artista che avrebbe dovuto essere tra le proposte. Sul piano dell'attenzione alla contemporaneità sono un buon segnale gli Afterhours (ma come andrà a finire con le giurie popolari?), una delle band migliori del rock italiano, Tricarico, che dopo la partecipazione dell'anno scorso ha trovato una popolarità nuova, Francesco Renga e Niky Nicolai con Stefano Di Battista che sono una garanzia di musica di qualità. Marco Carta è una concessione al successo di Amici e al pubblico delle ragazzine, Povia un pallino di Paolo Bonolis, Patty Pravo, Marco Masini e Fausto Leali si inseriscono nel filone più ricco del Festival di Sanremo: l'eterno ritorno.
È ovvio che per esprimere un giudizio compiuto sarà necessario ascoltare i brani, anche se già da adesso è lecito domandarsi il perchè di alcune scelte di cast. Paolo Bonolis garantisce una dose di spettacolarità e sta studiando un'edizione personalizzata, dove ci sarà molta attenzione ai meccanismi della tv senza penalizzare la musica. Scorrendo i titoli si nota il ritorno di una canzone dedicata ad un gay (Povia) dopo la caricaturale performance dell'anno scorso di Anna Tatangelo. E ancora: tre titoli con la parola amore, un dentro ogni brividò un “non riesco a farti innamorare” che, insieme ai “vivi per miracolo” dei Gemelli diversi sono un ritratto non proprio incoraggiante di quell'Italia che ci verrà raccontata da Marco Masini.

domenica 28 dicembre 2008

Altro plagio...ma per PRINCE


Dopo il caso clamoroso della causa di Al Bano a Michael Jackson, stavolta è uno dei musicisti più apprezzati del mondo a finire nell’occhio del ciclone dei plagi. Il genio di Minneapolis è stato dichiarato colpevole di plagio ai danni di due autori italiani: a darne notizia in esclusiva è il numero di «Musica & Dischi», la "bibbia" della discografia italiana, dove viene riportato il testo della sentenza della Corte d’appello di Roma, in cui il brano «The most beautiful girl in the world», firmato da Prince e pubblicato nel 1993, viene dichiarato plagio del decisamente meno noto «Takin’ me to paradise», composto 10 anni prima da due autori italiani, Bruno Bergonzi e Michele Vicino e regolarmente depositato presso la Siae.
Anche le edizioni Chappell sono state riconosciute vincitrici della vertenza. Il brano di Bergonzi e Vicino era stato inciso, senza grande esito commerciale, da Rainard J. Pur non essendo ancora nota l’entità dei danni che dovranno pagare la star, al secolo Roger Nelson, e gli editori del brano, si tratta comunque di una vittoria su tutta la linea per i due autori italiani: i giudici hanno riconosciuto come fondata la richiesta avanzata di risarcimento, poichè il pezzo di Prince «affida quasi esclusivamente il proprio dato caratterizzante ad un’unica melodia ripetuta numerose volte», ed il refrain di «Takin’me me to paradise» è effettivamente identico alla melodia di «The most beautiful girl in the world».

mercoledì 24 dicembre 2008

ELISA.... un successo negli STATES


Guns ’N Roses, Beyoncé e Anastacia. No grazie, gli americani preferiscono Elisa. A rivelarlo è un sondaggio effettuato tra gli utenti del sito di Billboard.com, considerato la “bibbia” della musica statunitense. Nella classifica dei dieci album migliori del 2008, “Dancing” - il primo album di Elisa distribuito sul mercato Usa - risulta infatti al quinto posto, prima, tra gli altri, di “Chinese Democracy” dei Guns N’ Roses, “I Am... Sasha Fiere” di Beyoncé e “Heavy Rotation” di Anastacia. Prima dell’artista italiana - si legge in una nota dell’ufficio stampa - figurano Mariah Carey, David Cook, David Archuleta e Britney Spears.
Il successo negli Stati Uniti di Elisa trova conferma anche nel numeroso pubblico che ha partecipato al suo primo tour oltreoceano. Tra ottobre e novembre l’artista ha toccato ben 17 città tra gli Usa e il Canada, tra cui il Bowery Ballroom di New York, il Roxy di Los Angeles, il Mod Club di Toronto e Le Savoy di Montreal, registrando sold out a Pittsburgh, San Francisco, Seattle e Boston.
Un successo americano esploso quando il talent show televisivo “So you think you can dance?” ha proposto un balletto sulle note di ’Dancing’: il brano, title track dell’album uscito a luglio e concepito appositamente per il mercato americano, è balzato nella top 20 della classifica dei singoli più scaricati da ITunes America, registrando oltre 75 mila acquisti e seguito dall’ingresso in classifica dell’album “Then comes the sun”.

sabato 20 dicembre 2008

MOTOWN, quello sì che era "X factor"


Per il celebrare il 79mo compleanno di Mister Barry Gordy fondatore della Motown Records, il 28 novembre è stata pubblicata la compilation commemorativa Motown 50. Per tutto il 2009 (l'anniversario per i cinquant'anni dell'etichetta sarà il 12 gennaio) la Universal Music proporrà inoltre i dischi classici e in qualche modo fondamentali della storica etichetta nata in un garage di Detroit e assurta ormai a icona della musica mondiale. Oltre ai classici come I want you back dei Jackson 5 o Reach out I'll be there dei Four Tops, in Motown 50 ci sono le chicche di veri giganti della musica, messe in fila uno dopo l'altra così da comporre una collana di più di sessanta «perle» dal valore inestimabile.
In questo triplo cd, per la gioia dei nostalgici, ci sono praticamente tutti. Dai Jackson 5 con un Michael ancora riconoscibile, a Marvin Gaye il padre artistico dell'intero movimento soul, da Smokey Robinson & the Miracles ai Temptations, da Diana Ross con le Supremes a Stevie Wonder, da Martha Reeves and the Vandellas a The Isley Brothers, e poi Thelma Houston, Commodores e tanti altri. Non a caso quindi la proposta è una specie di compendio di ciò che di meglio è stato realizzato da Gordy e i suoi artisti ma anche un'indicazione precisa per chi si fosse perso il passaggio musicale dal blues al rhythm'n'blues. Non è un caso se sotto la targa Motown sono stati raggiunti record incredibili. Ben centottanta canzoni di quella che prima era Tamla-Motown e poi solo Motown Records sono arrivate al primo posto della classifica di vendita americana. Molte di più hanno raggiunto la vetta delle charts un po' in tutto il mondo e la ricetta, la miscela magica che permetteva a chiunque varcasse la soglia del garage prima e della palazzina poi, di proprietà di Mister Gordy raggiungeva il successo.
In tanti si sono chiesti che cosa avessero gli autori e gli interpreti Motown più degli altri. In cosa consisteva il «midas touch» di Gordy. Nessuno lo ha mai saputo spiegare veramente seppur decine e decine di libri e pubblicazioni abbiano provato a scoprirlo. Da parte nostra possiamo solo aggiungere che nei dischi Motown per molti anni si è respirato un rhythm'n'Blues cantato con il cuore da uomini e donne con un talento estremo. Persone scovate una a una da un talent scout come Barry Gordy, un giovane afro- americano che, con determinazione e con l’unico supporto economico della sua famiglia, non solo ha forgiato nuove basi per l'orgoglio e le radici culturali delle minoranze afro-americane di quegli anni, ma era capace di riconoscere al volo nell'artista quello che oggi, in tempo di reality, qualcuno chiama «X factor».

mercoledì 17 dicembre 2008

DoubleFace LIGABUE


E’ vero - disse una volta Woody Allen -. Faccio lo stesso film da una vita, ma finché nessuno se ne accorgerà, andrò avanti». Sta andando avanti. Come Luciano Ligabue, il Re Mida. Non sbaglia un pezzo che sia uno, anche se è lo stesso pezzo da quindici anni. La sua antologia, spalmata in un anno, vende a dismisura. Ogni inedito furoreggia in radio, si parli di Buonanotte all’Italia, analcolico «j’accuse» che a conti fatti non accusa nessuno o Il mio pensiero, ennesima ballata non esente da strofe cigolanti («Pomeriggio spompo di domenica / Come fanno gli altri a stare su»).
Questo successo quasi ventennale, forse, qualche ulteriore riflessione la merita. Piace ai «ggiovani» perché sembra somigliargli. Piace alla sinistra (nonostante gli ammicchi a Beppe Grillo) perché è buono. Piace agli uomini perché è raggiungibile. Piace alle donne perché canta che loro «lo sanno», lasciando intendere che - per osmosi - pure lui è depositario dello scibile. Uno scibile mai troppo pensoso: basso profilo, vita da mediano, conformismo vociferante (ma guai a parlare di qualunquismo). Ligabue è rassicurante: nei messaggi (un vago pessimismo rasserenato dalla strofa finale), nella carriera intesa come coerente immobilismo.
Il suo sogno è essere il nuovo Battisti. Il Divino Lucio è però stato un musicista rivoluzionario, capace negli edonistici Ottanta di sbertucciare l’apparenza, rifugiandosi in quel «nowhere» che è stato il sodalizio con Pasquale Panella. Il Ligabue musicista è eversivo quanto può esserlo Veltroni. La sua spiccata riconoscibilità - dote rara - sta non nelle note ma nelle parole. Ligabue non è il nuovo Battisti: è il nuovo Mogol. Un Mogol femminista, pure lui anti-intellettuale, come lui pieno di topoi: in Mogol i «ciliegi e le libellule in un prato», in Ligabue «le cosce e zanzare».
In entrambi, riprendendo Edmondo Berselli che in Canzoni si divertì a zimbellare il Gran Mogol, «ogni gesto si eleva dal grado zero della materialità al livello della mitologia». La sua (loro) estetica «si stende fra il banale e il sublime, fra il concreto e l’astratto, fra il congiunturale e l’epocale, tra il Volo e il Terra Terra, considerando il Sacro e il Profano sempre intercambiabili». Non è un caso che prima Elisa e poi Fiorella Mannoia si siano rimesse al Gran Liga. Il nuovo singolo della Mannoia è in questo senso paradigmatico. Da una parte, l’uomo che sa che le donne lo sanno (?), dall’altra la donna che canta quello che le donne non dicono: abbastanza per cadere in coma diabetico. In Io posso dire la mia sugli uomini c’è tutto il Ligabue-Mogol: amicizia («Le mie amiche sono amare / se si parla un po’ d’amore»), generiche allusioni al contemporaneo («Qualche giorno è molto meglio»). Fino al situazionismo della solita strofa finale: «Davanti a una tazza di latte / con una coperta di troppo / appena finisce la notte / qualcosa mi inventerò». Ovvero: il dolore in cerca di lenimento (la coperta di troppo), il rifugio terreno (la tazza di latte). E una sfuocata fiducia nel futuro: quel «qualcosa mi inventerò» non è forse la versione aggiornata del «Domani è un altro giorno» di Via col vento?
La capacità prima mogoliana e ora ligabuista non è tanto l’ostentata reiterazione di se stessi, quanto l’abilità nel far scattare l’ingranaggio sinuoso della immedesimazione. Se De André inseguiva la metafora e De Gregori l’ermetismo, Ligabue è piuttosto un felice abbellitore dell’ovvio, un instancabile scrittore di canzoni che inducano il pubblico a dire: «Questa cosa è capitata anche a me». Un (bravo) ricamatore del già detto, dotato come Mogol di capacità semimedianiche nell’intuire gli spostamenti del costume. La sua canzone diviene così l’instant song della quotidianità: qualcosa di comodamente assimilabile, riciclabile. Certo, il Gran Liga è troppo garbato per autocelebrarsi come Gran Mogol. C’è poi in lui una quieta sottomissione al gentil sesso, che lo distanza dal machismo agreste di Mogol. Eppure anche il suo cilindro truccato è sostanzialmente colmo di «scarsi segreti», ciononostante abbacinanti. Sembra quasi il cilindro di Walter Il Mago. Quello che, quando faceva una magia, non stupiva nessuno. Ma tutti si fingevano stupiti, «che non ci costa nulla farlo sentire una star».

sabato 13 dicembre 2008

In arrivo in tv "ANDREA BOCELLI"


Prima che arrivassero i cantanti pop, a suscitare le passioni popolari erano i tenori, che davano voce a romanze e canzoni rimaste nell’immaginario collettivo almeno fino allo sconquasso portato dalla rivoluzione musicale dei Sessanta. Quelle voci e quel repertorio tornano oggi a risuonare grazie a un revival sui generis il cui capostipite è stato Luciano Pavarotti, con erede Andrea Bocelli: una star abituale delle zone alte delle classifiche di vendita americane, che paradossalmente gode in patria di una fama più ristretta. A lui, Fabio Fazio ha pensato per il primo di una serie di speciali di Che tempo che fa su Raitre, (seguirà l’11 gennaio una puntata su Fabrizio De André a dieci anni dalla scomparsa e poi altre puntate monotematiche). Per l’occasione il tenore ha ricevuto le congratulazioni del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Caro Bocelli - si legge nella lettera - si può facilmente immaginare come io sia vicino alla tradizione musicale della città in cui sono nato, mi sono formato e a cui sono rimasto sempre legato... un patrimonio di straordinaria capacità rappresentativa e risonanza emotiva, non a caso entrato nel repertorio dei grandi interpreti restando al tempo stesso nel canto delle persone comuni».
Nel bombardamento pubblicitario che da settimane anticipa l’appuntamento con Bocelli, è andato in onda il suo coté di personaggio, simpatico e ironico: ma stasera si potrà ascoltare il tenore in alcuni caposaldi del passato, appunto il repertorio di cui si diceva, che trionfa del nuovo disco Incanto, omaggio a un filone glorioso dall’inizio del Novecento fino al primo Dopoguerra: canzoni rese celebri da grandi tenori come Enrico Caruso (Vieni sul mar), Mario Del Monaco (Un amore così grande), Beniamino Gigli (Mamma), Ferruccio Tagliavini (Voglio vivere così) ma anche Mario Lanza, Franco Corelli, appunto Pavarotti. E non manca la Napoli di ’O surdato ’nnamurato, Funiculì funiculà, Era de maggio o A Marechiare, fino a un inedito Pulcinella scritto proprio per Bocelli. Andrea si dice convinto che l’interesse per queste canzoni, che si credeva sepolto, stia risorgendo: «Tanta gente le conosce ma non le ascolta da tempo e fa piacere risentirle con le tecnologie moderne. Penso anche ai giovani, secondo me sono disposti a sorprendersi: era la musica della mia infanzia...».
Quel che ancora non sapeva Bocelli è che qualcun altro è salito sullo stesso carro. Se il mercato domanda, l’offerta avanza. C’è Adriano Aragozzini, celebre patron di vecchi Sanremo nonché feroce critico televisivo di Markette di Chiambretti, dietro l’uscita di un disco fatto per gli appassionati del belcanto trattato a pop: Tribute to Luciano Pavarotti è un album interpretato da Piero Mazzocchetti, il tenorino che si fece conoscere a Sanremo 2008 ma che sfodera oggi una temibile forza vocale in una lunga serie di arie e romanze, trattate a canzoni, del repertorio lirico (per esempio «Donna non vidi mai» da Manon Lescaut, «Ch’ella mi creda» dalla Fanciulla del West, «Nessun dorma» da Turandot); ma il cd non dimentica alcuni classici che oggi stanno tornando a esser cantati: Mattinata di Leoncavallo, Core ’ngrato, Torna a Surriento, Granada, ’O sole mio. Dirige l’Orchestra del Regio di Parma il maestro Leone Magiera, già storico collaboratore di Pavarotti. C’è da scommettere che anche Mazzocchetti avrà attenzione negli Stati Uniti più che da noi. L’Italia è troppo distratta, o troppo purista, in questo campo.

giovedì 11 dicembre 2008

Guantanamo, i musicisti si ribellano


Nel 60esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il mondo della musica si ribella e condanna l’uso delle canzoni come strumento di guerra e tortura. Pezzi famosissimi, come Enter Sandman dei Metallica, White America di Eminem, Hells Bells di Ac/Dc e il tema di Sesame Street, sono stati usati, ad esempio, per torturare i detenuti nel carcere speciale di Guantanamo. La musica a tutto volume, si sa, non lascia segni evidenti sul corpo.
Già Bruce Springsteen si era arrabbiato per l’uso di «Born in the Usa», che a molti ricorda anche le sofferenze del conflitto in Vietnam, sostenendo che il pezzo è stato così «svalutato». Circa 20 anni fa le forze Usa a Panama hanno utilizzato la musica dei Guns N’Roses e Elvis Presley sparata a tutto volume dagli altoparlanti per spingere l’allora leader Manuel Norriega a dimettersi. Era nata una tattica. Da allora la musica suonata a volumi intollerabili è stata spesso utilizzata a Guantanamo Bay e in altri posti dalla Cia, come parte delle sofisticate torture disponibili contro i prigionieri.
I musicisti oggi si ribellano: un gruppo di band e artisti si sono uniti per chiedere agli Usa di non usare più il loro lavoro come strumento di guerra. Alla rabbia di Springsteen si uniscono così i Massive Attack, Elbow, il chitarrista Tom Morello dei Rage Against the Machine, James Lavelle fondatore del progetto Unkle, Matthew Herbert, the Magic Numbers e Bill Bailey. Come segno di protesta gli artisti hanno pensato a minuti di silenzio ai concerti e festival, tanto per cominciare. La campagna, intitolata ZeroDb, è stata lanciata ieri dalla britannica Reprieve, scrive il Guardian che riporta la notizia, che rappresenta più di 30 prigionieri del carcere speciale situato sull’isola di Cuba.
Le Nazioni Unite e la Corte europea dei diritti umani hanno già vietato l’uso della musica ad alto volume nelle interrogazioni. Spesso i militari americani usano musica «profana» contro i detenuti in Iraq, Afghanistan e a Guantanamo. Musica che va dall’heavy metal al pop: secondo l’organizzazione Reprieve tra le canzoni usate ci sono anche pezzi degli Aerosmith, di Britney Spears, Christina Aguileira, Don McLean, Lil’ Kim, Red Hot Chili Peppers, Tupac Shakur e altri.
Non tutti i musicisti sono contrari però all’uso della loro musica per certi scopi: «Lo ritengo un onore pensare che le nostre canzoni possano essere usate per schiacciare un altro 11 settembre», ha dichiarato Stevie Benton dei Drowning Pool.

mercoledì 10 dicembre 2008

I COLDPLAY...risp

Accusati dal chitarrista Joe Satriani di aver saccheggiato il suo brano del 2004 "If I Could Fly" del 2004 , per la scrittura di "Viva la vida", brano che dà il titolo al loro ultimo album, i Coldplay si sono decisi a rispondere: "Se ci sono somiglianze fra i nostri due brani, si tratta soltanto di coincidenze, che stupiscono noi tanto quanto Joe Satriani", è la dichiarazione della band inglese capitanata da Chris Martin.
"Joe Satriani è un grande musicista - proseguono i Coldplay - ma non ha scritto la canzone "Viva la vida". Rispettosamente gli chiediamo di accettare la nostra assicurazione e gli auguriamo ogni bene per i suoi prossimi impegni".
Ma Satriani non l'ha mica presa bene: "Ho fatto tutto il possibile per evitare una causa in questa situazione - ha detto -. Sta a vedere che pensavano che questo piccolo chitarrista avrebbe lasciato perdere dopo un po'".
Invece, evidentemente, no.
E' la seconda volta nel giro di poche settimane che si prospetta un caso simile, dopo la vicenda Sanz-Jovanotti per la canzone "A te"/o "A la primera persona". Jovanotti ha reagito alle accuse di Sanz più o meno come fanno ora i Coldplay.
Che significa? Che in caso di onestà di pensiero dei "copianti", siamo ormai a una situazione di implosione della musica popolare. L'eccesso di produzione prescinde ormai dalla conoscenza di tutto il repertorio che si è andato sfornando, a differenza che in passato manca - come nella vita reale - la memoria, anche nei collaboratori degli artisti. Mi è successo che mi mandassero dei brani da ascoltare, e che io dovessi avvertire "Guarda che questo somiglia a quell'altro". Ma se quest'operazione di recupero del già-partorito diventa impossibile, accettiamo serenamente la giungla che ci si para davanti....

ELTON JOHN


Dal 9 dicembre, una quarantina di cinema italiani, dalle ore 20, proporranno live in diretta via satellite il concerto di Elton John «The Red Piano», che si svolgerà a Parigi Bercy.
«The Red Piano» è un tour mondiale, di cui Parigi Bercy costituisce una data, organizzato da Elton John per celebrare i suoi 60 anni di vita ed i 40 di carriera. Uno spettacolo concepito insieme all’artista David La Chapelle come un’interpretazione pop-art della sua carriera che, attraverso scenografie spettacolari, inviterà il pubblico ripercorrerne le tappe fondamentali e a penetrarne l’universo estremamente creativo.
La trasmissione satellitare del concerto in diretta nei cinema è un’operazione di portata internazionale che vede coinvolti svariati paesi europei oltre all’Italia, che partecipa appunto con circa 40 cinema coinvolti. Infatti, attraverso il digitale con la tecnologia 2k, qualsiasi cinema potrà cogliere l’opportunità di trasformarsi in un “centro d’intrattenimento” capace di offrire ai propri spettatori eventi live di qualità, a partire dai concerti live, ma non solo.

sabato 6 dicembre 2008

JOE SATRIANI cita i COLDPLAY per plagio


La band inglese dei Coldplay è stata citata in giudizio da Joe Satriani con l'accusa di plagio. Il chitarrista statunitense ha intentato una causa per violazione del copyright al tribunale di Los Angeles, sostenendo che la canzone dei Coldplay Viva la vida includa «sostanziali parti originali» del suo singolo strumentale If I could fly del 2004.
Satriani ha chiesto alla corte anche un risarcimento per danni e di tutti i profitti attribuibili alla presunta violazione del diritto d'autore. Nessuno dei legali delle due parti ha però rilasciato un commento a riguardo.
I Coldplay hanno ricevuto 7 nomination per i prossimi Grammy Awards, che saranno assegnati a febbraio. Viva la vida è il primo singolo estratto dall'album Viva la vida or death and all his friends, mentre il brano di Satriani è contenuto nell'album Is there love in space? del 2004.

giovedì 4 dicembre 2008

Grammy Awards


La Recording Academy ha annunciato questa notte a Los Angeles le nomination per la 51esima edizione dei Grammy Awards, gli “Oscar” della musica. Dwayne Michael Carter, meglio noto come Lil Wayne, guadagna ben 8 nomination. Il rapper statunitense è seguito dalla band inglese dei Coldplay, con 7 nomination. A quota 6 nomination un trio tutto hip hop, composto da Kanye West, Jay-Z e Ne-Yo.
Cinque nomination sono state assegnate a Robert Plant, l'ex front-man dei Led Zeppelin; insieme a lui un'altra band inglese di culto i Radiohead, in compagnia di John Mayer, Alison Krauss e Jazmine Sullivan. Quattro nomination ad Adele, la giovanissima cantante inglese considerata la stella nascente della musica britannica.
La cerimonia di consegna si svolgerà nella notte tra l'8 e il 9 febbraio allo Staples Center di Los Angeles. In Italia sarà trasmessa in diretta, in esclusiva, dal canale musicale Musi

mercoledì 3 dicembre 2008

TAKE THAT di nuovo al comando


Addio a ninnananne e cantilene, le mamme britanniche moderne fanno addormentare i loro bambini sulle note di musica pop-rock, come «Angels» di Robbie Williams o il tormentone romantico «Wonderwall» degli Oasis. Lo ha rivelato un sondaggio condotto su 2mila madri del Regno Unito, i due terzi delle quali preferiscono far ascoltare sonorità pop-rock ai loro piccolini semiaddormentati, invece della tradizionale ninnananna «Rock-a-Bye Baby».
Lo stesso sito specializzato per l’infanzia Baby Website, che ha commissionato la ricerca, si è detto stupito. Le madri - ha ipotizzato la portavoce Kathryn Crawford - sono influenzate dalla musica che ascoltano di giorno: «Siamo veramente sorpresi che le mamme preferiscono cantare moderne canzoni pop invece delle tradizionali ninnananne».
Secondo la portavoce, la maggior parte delle mamme accende la radio a casa con il bambino e le canzoni orecchiabili fanno sì che sia impossibile cantare altre cose quando è ora di andare a letto. Il pezzo più popolare, per le mamme, è «Patience» dei Take That, secondo «Angels» di Williams e terzo «I kissed a girl» di Kate Perry. Bisogna anche dire che il 13% delle nuove «mums» trova le ninnananne fuori moda e troppo antiquate, mentre il 10% di loro (una su 10) non riesce a ricordarne le parole.
Quasi la metà delle mamme dice di cantare qualcosa ai loro piccolini per calmarli quando sono spaventati, mentre un terzo delle intervistate cantano una canzone al bimbo per farlo addormentare. «I bambini hanno bisogno di musica ritmata e d’ambiente per essere tranquillizzati - ha messo in guardia Simon Cooper, della Mother and Baby Music, che produce cd di musica rilassante - un certo tipo di musica pop potrà dargli questo, ma di certo non tutta».

lunedì 1 dicembre 2008

La musica INDIE balla al ritmo di Pop Porno


La musica indie è viva e lotta insieme a noi. Dalla multiforme galassia delle produzioni indipendenti riunita in conclave a Faenza per il Mei, arrivano segnali forti che Giordano Sangiorgi, storico organizzatore del meeting, riassume in un dato secco: «Negli ultimi tre mesi oltre l’80% dei titoli usciti provengono dalla produzione discografica indipendente. Parliamo di circa 400 titoli che svariano fra i generi più diversi, dagli Huga Flame, che sono giovani rapper, fino a musicisti molto più classici come Jannacci e Arigliano, o allo stesso Nicola Piovani, che suonerà qui stasera e ha prodotto Epta per un’etichetta che non appartiene al mondo delle major, l’Egea Records».
Mentre Daniele Silvestri ha festeggiato qui i suoi 15 anni di attività. Nato per dare sfogo al rock alternativo che non ne voleva sapere di essere risucchiato nell’ingranaggio delle grandi case discografiche, il circuito indie di casa nostra trent’anni fa ha sfornato band come Skiantos, Gaznevada e più tardi Litfiba e CCCP Fedeli alla linea, prima di conoscere un nuovo periodo di splendore all’inizio degli Anni 90 con l’ondata di formazioni hip-hop partita dai centri sociali. In anni recenti, nomi come Fabri Fibra, Mondo Marcio e Cor Veleno sono cresciuti in ambiente rap underground per poi approdare a contratti con le major.
E oggi? Secondo Sangiorgi siamo di fronte a un nuovo momento magico: «La realtà creativa non è mai stata così vivace: non accadeva dal ritorno dell’hip-hop dell’ultima ondata, quella di Fabri Fibra eccetera. E così dopo 3-4 anni di stasi troviamo gente come Amir nell’hip-hop, o come Vasco Brondi nell’indie-rock, col suo progetto Le luci della centrale elettrica. Sono nuovi soggetti e hanno proposte originali per stile, messaggio e approccio al palco». Non per nulla ieri Gianmarco Mazzi, direttore artistico musicale del Sanremo 2009 assieme a Paolo Bonolis, ha invitato gli indipendenti al festival: «Quest’anno offriamo un’opportunità fatta su misura per voi, con la categoria Sanremo Festival.59 la cui selezione avverrà su Internet».
Non ci si deve aspettare per forza cose impegnate, l’universo indipendente balla anche ai ritmi pop di una canzoncina come Pop porno, che a suon di My Space ha ritagliato un quarto d’ora di celebrità e forse qualcosa in più al duo che l’ha realizzato, «Il genio», cioè Gianluca De Rubertis e Alessandra Contini. Se son rose fioriranno, intanto però, dopo che il brano si è fatto largo on line, Simona Ventura si è messa a danzicchiarci sopra durante alcuni stacchetti di Quelli che il calcio. Eh già, perché il web è notoriamente uno dei canali prediletti della nuova ondata indie, mentre l’altro resta quello dei concerti, il tradizionale sangue sudore & lacrime dal vivo con cui si fanno le ossa le band da quando il rock è rock.
Certo non è tutto oro quel che luccica, e tanta creatività spesso finisce per strozzarsi nell’imbuto troppo stretto che porta alla cosiddetta musica di serie A, prodotta e distribuita dalle grandi case discografiche. Intanto, secondo fonti Mei, il mercato discografico ufficiale continua ad annaspare: dopo il forte calo del 2007 la percezione degli addetti ai lavori è «di un’ulteriore accelerazione della crisi». Da queste parti allora si consolano premiando la Bandabardò per il miglior album indipendente 2008, i 24 Grana per la miglior band, i Punkreas e i My Awesone Mixtape per il live, Meg come solista, e Le Luci della Centrale Elettrica «rivelazione».

LUCIO DALLA....il grande genio:


BOLOGNA
Non puoi dire di conoscere davvero Lucio Dalla se non sei entrato almeno una volta, con tutto lo stupore del caso, in quella che lui chiama la «stanza dello scemo», ma che è invece molto di più, il bunker della sua follia deviata, la tana dove si congiunge e fa bisboccia con i suoi veri simili, che sono puppets schizoidi, marionette caricate a molla, automi, orsacchiotti, giostrine e trenini meccanici, nell’insieme l’incubo animato di un giocattolaio pazzo. Pensi, ora apro la porta e dietro ci trovo Tim Burton alla macchina da presa o i resti di due vergini smembrate. Ci trovi invece Marco Alemanno, l’ultimo annusato talento di Lucio, giovane attore shakespeariano, nel mood e nel teschio da monologo amletico che sta nella mano anche quando non sta. Con la complicità di Elisabetta Sgarbi, Bompiani, i due hanno raccolto e pubblicato «Gli occhi di Lucio», una delizia assortita di suoni, immagini e testo.
Imperversante folletto Lucio e la sua parrucca gialla, nella casa bolognese di duemila metri quadri su due piani in un palazzo del Quattrocento in pieno centro, dietro Porta Maggiore. L’incrocio tra un luna-park e una galleria d’arte, dove il rifiuto di crescere di questo inverosimile sessantacinquenne è visibile ovunque, tra la stanza dei giochi e quella del cinematografo, nelle decine di presepi, babbi e alberi. E’ il Natale la passione atavica di questo omarino che canta infatti «Sarà tre volte Natale e festa tutto l’anno», capace di estrarre dalla sua cassa toracica qualunque suono, acuti da tenore, versi da gabbiano, squittii, borborigmi, pop accattivante. C’è posto per tutto e per tutti nella casa di Dalla, la tela preziosa di Franz Von Stuck e la coperta rossa con la faccia di Lenin, il merlo parlante che canta «Caruso», ma solo quando gli gira e Tina che lo governa da trent’anni e sembra uscita da un film di Disney, le foto di Trockij ma anche quelle degli zar, il suo alter ego Benvenuto Cellini e migliaia di altri memorabilia. La musica sempre accesa. Miles Davis nello sfondo e carillon che partono da ogni anfratto. Visto in controluce, Lucio, ha qualcosa di marziano.