venerdì 15 febbraio 2008

IL FESTIVAL DEI ...."FIGLI D'ARTE"

La crisi economica e il rafforzamento delle corporazioni, che da tempi immemorabili resistono a ogni processo di liberalizzazione, hanno fatto riemergere il fenomeno dei «figli di», in Italia peraltro mai tramontato. E l’ormai prossimo Sanremone, che sempre amplifica le tendenze del Paese Reale, presenta una degna rappresentanza di figliolanze ad ampio raggio, per non parlare degli esclusi: solo i gusti di Pippo Baudo & della sua commissione ci hanno precluso il piacere di ascoltare il figlio del probo Sammy Barbot (che non sentirà dunque «aria di casa» all’Ariston); escluso pure Massimiliano Gagliardi, figlio del napoletano Peppino di Come le viole e Settembre, oltre che, pare, Irene Fornaciari, creatura di Zucchero, che ci avrebbe riprovato invano per la seconda volta.
Ma fra i «figli di» quest’anno in primo piano a Sanremo Giovani, il «caso» non è un discendente di star, quanto piuttosto Valerio Sanzotta: il babbo, Giuseppe, non è un cantante e non dirige un’orchestra, ma il quotidiano Il tempo, giornale che per tradizione non pecca certo di simpatie movimentiste; il suo manager poi è Adriano Aragozzini, che di ottimi Sanremo fu patron e oggi ci fa sorridere come critico tv di Markette: anche lui - per quanto assai aperto - è uomo da antica destra d’ordine. Invece, sorpresa, il brano di Sanzotta junior è quanto di più sinistrorso si possa ascoltare nel futuro Festival il cui cast (Baudo è una vecchia volpe) già risente della crisi politica che era nell’aria al momento della scelta delle canzoni. Novecento, firmata dal cantautore Sanzotta, è una canzone di protesta di antica tradizione, una ballad come usavano negli anni Sessanta: un po’ nipotino di Paolo Pietrangeli, un po’ di Bob Dylan, il ragazzo regolarmente dotato di chitarra e armonica racconterà una storia operaia: «Mio nonno era un bracciante, mio padre clandestino / operaio al Lingotto di Torino», dice con licenza storico-poetica. Segue elenco di momenti tanto dolorosi quanto poco sanremesi: piazza Fontana, l’assassinio di Moro e di Guido Rossa, la morte di Enrico Berlinguer. E pare che l’intero ciddì in uscita dopo il Festival sia così.
Gli altri «figli di» che hanno superato il fuoco di sbarramento di Superpippo sono di tutt’altra pasta. Susciterà qualche sorpresa Francesco Rapetti, che altri non è che il figlio di Mogol: giovanissimo, da sempre sta nella musica, e suo padre sarà fiero di questa Come un’amante, firmata Mogol-Rapetti, tutta in famiglia: imbarca un sitar prima di diventare una gradevole ballad in stile (guarda un po’) Battisti, con tanto di citazione dell’Avventura, nel testo che richiama il Mogol più ispirato. È andata bene, infine, a Daniele Battaglia, figlio di Dodi, finissimo chitarrista dei Pooh, che da poco ha esordito con un album di ispirazione dance. Freschi del successo di Beat Regeneration, i Pooh saranno tra l’altro superospiti del Festivalone: e per la seconda volta dopo l’anno scorso (con Facchinetti jr. e sr. impegnati insieme in una dimenticatissima canzone in gara), un padre e un figlio Pooh saliranno sullo stesso palco. Voce nel vento di Daniele è una ballad piana ed educata, di cui il ragazzo è coautore; alla chitarra c’è naturalmente Dodi e si sente. Se poi i ragazzi avranno fortuna e talento, lo scopriremo solo vivendo, come cantava il poeta Mogol. Di certo, la storia è avara di esempi. L’ultimo «figlio di» ad avere successo a Sanremo è stato, tre anni fa, Matteo Maffucci, figlio dell’ex capostruttura Rai, nel duo degli Zero assoluto, idoli delle fanciulle. Ma i figli dei cantanti che vogliono a loro volta cantare raramente sono baciati dalla sorte, a Sanremo e nel mondo normale, come insegna la storia infelice di Cristiano De André, che nei Novanta ebbe successo al Festival ma si è poi perso dentro i propri fantasmi esistenziali.
Anche quando con i «figli di» si è voluto intenzionalmente far spettacolo, Sanremo si è rivelato crudele: nell’89, al primo Festival targato Aragozzini, i giovanissimi Rosita Celentano, Paola Dominguin, figlia di Lucia Bosè, Daniel Quinn, figlio di Anthony e Gianmarco Tognazzi, figlio di Ugo fecero bottino di gaffe e impacci. E mezza Italia cambiò canale,e si spazio hai giovani come ho sempre detto ma i giovani sconosciuti nessun figlio di...d'arte..cosi' siam capaci tutti...diamo spazio a tutti quei ragazzi che si fanno il mazzo girando l'Italia fra concorsi e altro...alla prossima!....Ciao!

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