venerdì 6 giugno 2008

Ben tornato STEVIE WONDER

Per uno che «vede il mondo attraverso il cuore», la parola grazie è sempre a portata di labbra, come la musica. E la parola spirito pure. Nel presentare la sua prossima tournée europea con una straordinaria conferenza stampa, ieri all’Hard Rock Café di Londra, al termine della quale ha elargito agli invitati un eccelso concerto a sorpresa con la sua band, Stevie Wonder ha dimostrato che venticinque Grammy e il prestigioso Lifetime Achievement Award non hanno fatto altro che acuire il suo senso di gratitudine verso la vita e la sua voglia di prendere in considerazione innanzitutto lo spirito di una persona.
Compreso quello di Barack Obama. «Per me, in quanto afro-americano, la candidatura di Obama è una grande cosa - dice Wonder -. Ma io guardo sempre oltre l’aspetto fisico. Sono convinto che siamo senza colore. Puoi essere di qualunque colore e con un cuore orribile oppure incredibile». Per Stevie, proverbiale anima di riferimento del soul, lo spirito di Obama «è una combinazione tra quello di John Fitzgerald Kennedy e quello di Martin Luther King». E con uno spirito del genere, risponde trionfante ai giornalisti che picchiano su questo tasto, «non si può perdere».
Chi, nonostante la cecità, ha avuto i doni di Stevie avrebbe potuto facilmente insuperbirsi. Lui invece continua a parlare senza falsi pudori della sua mamma, che gli è mancata due anni fa, e dei suoi figli. Anziché assumere i tic invariabilmente odiosi delle superstar, si ostina a dire che «siamo una sola famiglia» e chi, come lui, ha avuto in tanta abbondanza «lo speciale dono di comunicare», ha il dovere di esprimere attraverso la musica «la grandezza delle benedizioni che ci sono state concesse e il fatto che le cose che abbiamo in comune sono molte di più di quelle che possiamo pensare».
La musica sembra passare per Stevie Wonder come attraverso un conduttore. Sono veramente pochissimi gli artisti del suo calibro che si portano dietro la tastiera a una conferenza stampa, come aveva fatto qualche anno fa a Londra, e tantomeno un fior di band, come ha fatto questa volta. «Voglio sinceramente dirvi grazie per avermi dimostrato tutto il vostro sostegno e per il successo che mi avete permesso di avere. Senza di voi non avrei mai potuto dare a mia madre una vita migliore».
Prima ancora di definirsi americano, insiste Wonder, «sono un essere umano con uno spirito e una prospettiva aperti al mondo». Ecco perché gli piace tanto Londra, alla quale sono legati i ricordi affettuosi di quando la visitò, ancora ragazzino, con sua madre. Di qui il desiderio di tornare in Europa con una tournée il prossimo settembre, che lo porterà anche in Italia, a Milano, il 26, per un unico concerto al Datchforum.
In cantiere, Stevie ha anche un disco che si chiamerà Through the Eyes of Wonder e sul quale promette di lavorare anche «on the road», e precisamente in Inghilterra, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania, Italia e Francia, durante il suo tour. Gli piacerebbe che il nuovo cd uscisse a ottobre: «Spero di riuscirci». Con quel sorriso sbarazzino pronto a piegargli da un momento all’altro gli angoli della bocca, non centellina il tempo per chiacchierare. All’addetto stampa che concede ancora un paio di domande al pubblico, lui si sovrappone dicendo: «Ancora dieci!»
Poi, nell’intimità afosa dell’Hard Rock Café, aggiunge: «Quando mettiamo insieme le nostre energie per il bene dell’umanità, non c’è montagna che non possiamo scalare». La platea applaude e ulula. È il segnale: Wonder si lancia entusiasta in un set di sei canzoni: Signed, Sealed, Delivered precede altri grandi hit come Happy Birthday, Living for the City e la sensazionale Superstition....quindi bel tornato STEVIE!

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