giovedì 31 luglio 2008

Fabbrica d'imitazione

Il plagio, vero o presunto, di Lorenzo Cherubini è solo l’ultimo, eclatante esempio, in ordine cronologico, di un’antica arte che, almeno dai tempi di un certo Catullo (che riprese una breve e splendida ode di Saffo, limitandosi a proporla in versione maschile per il pubblico di Roma), è una delle espressioni più durevoli e sincere della cultura popolare e non solo: come diceva qualcuno, «i mediocri imitano, i geni copiano». Questo qualcuno era Picasso, la cui serie di «copiature» in stile cubista delle Meninas di Velázquez è considerata uno dei vertici assoluti della sua arte.
Ma lasciamo da parte i pittori e i poeti antichi e concentriamoci sul mondo del rock, evidentemente non povero di «geni», dove la parola plagio è sinonimo di My sweet Lord, primo successo post-beatlesiano del chitarrista George Harrison che nel ‘71 si scoprì essere molto, troppo simile a He’s so fine delle Chiffons, di otto anni più vecchia: nonostante i milioni di dischi venduti, il cantante di Liverpool, fortunatamente libero da problemi d’indigenza, non vide una sterlina. Stessa sorte toccò ai Verve, band inglese che nel ‘97, all’apice del successo, per Bitter sweet symphony fu accusata di aver plagiato nientemeno che The last time, successo dei Rolling Stones del ‘65: Allen Klein, manager delle Pietre Rotolanti noto nell’ambiente per la sua insaziabile fame di denaro, si accaparrò tutti i proventi delle vendite. C’è poi il caso, più sottile e «musicofilo», degli innumerevoli plagi dei Led Zeppelin, accusati da più parti di prendere di peso vecchi pezzi blues e di riproporli in salsa hard rock: per Whole lotta love, uno dei loro brani più celebri, ispirato a You need love di Willie Dixon, Page e Plant furono costretti ad apporre il nome del grande bluesman americano tra quelli degli autori del pezzo.
In tempi più recenti, gli avvistamenti di plagi veri o presunti si sono moltiplicati: basti pensare al celebre contenzioso tra Al Bano e Michael Jackson (in seguito al quale Jacko fu costretto a versare al cantante pugliese la somma strabiliante di 4 milioni di lire per avergli «rubato» I cigni di Balaka), alle polemiche che accompagnano l’uscita di quasi ogni nuova canzone di Zucchero (che si sarebbe «ispirato» a decine di artisti famosi quali Dire Straits, Queen o Deep Purple, ma anche a un signor nessuno come Michele Pecora) o a Dani California, uno degli ultimi successi dei Red Hot Chili Peppers, davvero troppo simile a Mary Jane’s last dance di Tom Petty.
Ma il caso più curioso, emerso recentemente dalle pagine di molti giornali, coinvolge nientemeno che Johann Pachelbel: il suo celeberrimo Canone, composto intorno al 1680, sarebbe alla base di decine di pezzi pop di artisti «insospettabili» come Beatles, Bob Marley e Brian Eno. Per approfondire l’inesauribile argomento plagio (come si suol dire: «le note sono solo sette») si consiglia di consultare il sito www.plagimusicali.net, interamente dedicato alla più geniale tra le arti.Bene amici da TORINO e tutto...per tutto il mese sarò a RICCIONE..mare e lavoro..arrivederci a settembre in the city..il blog funzionera' anche dal mare naturalmente piu' sporadicamente...CIAO!!

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