domenica 20 luglio 2008

HIP HOP...Nuova frontiera

E’esploso nel 2006, il nuovo rap italiano, ma solo quest’anno è diventato davvero mainstream. Da una parte, Fabri Fibra che collabora con Gianna Nannini per «In Italia», dall’altra Marracash che entra nelle classifiche con «Badabum Cha Cha» e spopola su Mtv con un ironico video girato nella periferia milanese. Mondo Marcio, uno dei primi ad emergere, però, non ci sta e pubblica a sorpresa un mixtape con un’etichetta indipendente, con disappunto della Emi, la multinazionale per cui incide.
Ancora in lista d'attesa, poi, i napoletani Co’ Sang’, durissimi e politicizzati, poetici e sempre un po’ sopra le righe: sono però un fenomeno di nicchia, e nemmeno la sponsorizzazione di Roberto Saviano è riuscita a far vendere più di tanto l’ottimo disco d'esordio, «Chi more pe’ mme».
Verrà anche il loro momento e i 99 Posse avranno finalmente i loro successori. O forse no, perché la seconda ondata di rap italiano che prometteva di invadere la radio e la tv sembra già in riflusso, popolata com’è di artisti che usano uno slang modellato su quello americano e sfoggiano biografie troppo simili tra loro per essere credibili (emarginazione, litigi in famiglia, droghe più o meno leggere, e alla fine il salvifico incontro con l’hip-hop). Le case discografiche, sempre alla ricerca di nuovi fenomeni, dopo i successi di Gemelli Diversi e Articolo 31, hanno calcato la mano e ingolfato il mercato, o meglio quel poco che ne rimane.
I nuovi rapper giocano con i simboli della notorietà (le varie Anna Falchi ed Elisabetta Gregoraci), si tuffano nel turpiloquio tanto da suscitare interrogazioni parlamentari, però poi sono capaci di sperimentare con i suoni come pochi. E magari tra Inoki e HugaFlame si nasconde il nuovo Neffa, il prossimo Jovanotti, l’erede di Frankie Hi Nrg: artisti che non hanno difficoltà a esibirsi sul palco di Sanremo, ma che oggi si farebbe fatica a classificare sotto la voce hip-hop. Tutti hanno trovato una strada personale, recuperando la tradizione melodica, ispirandosi ai cantautori o declinando il rap secondo tempi e modi della world music (ma c’è pure Piotta, che si è riciclato come talent scout).
Della seconda ondata, però, al momento il solo che sembra destinato a rimanere è Caparezza: perché ha capito che il rap, per sopravvivere, deve morire, magari ucciso da un acuto di Al Bano, come succede nel suo ultimo singolo.

Nessun commento: