lunedì 28 luglio 2008

MANU CHAO.....a GENOVA

L’emergenza immigrazione? «Sono altre le persone che minano la sicurezza del nostro Paese, il primo è Bush», dice dal palco e, quando sale l’amico don Andrea Gallo, il prete di strada, gridano insieme «Io sono clandestino!», scatenando l’entusiasmo dei 10 mila accorsi sabato al Goa Boa Festival per la prima delle uniche due date italiane del francese di origini galiziane Josè Manuel Thomas Arthur Chao, ovvero Manu Chao. Più tardi, alle 4 del mattino, dopo due ore di travolgente concerto, spiega: «La chiusura non è mai la soluzione, anche perché più ci si chiude, più la popolazione diventa vecchia e non ci si sviluppa, non può andare avanti». Con il «Tombola Tour» l’artista della musica globale contro le guerre è tornato in concerto a Genova sette anni dopo il G8, che lo aveva visto simbolo e portavoce internazionale dei giovani arrivati a Genova. Un ritorno in occasione del decennale del Festival che ha aderito alla campagna nazionale per il 60esimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti umani. «Lo diciamo a Manu Chao, si sfogavano i ragazzi picchiati dalla polizia», ha raccontato Nando Dalla Chiesa presentando la campagna a Genova.
«In realtà sono già tornato altre volte, a trovare gli amici come don Gallo», spiega Manu Chao. Per lui, «il G8 è una cicatrice. Ho già parlato tanto, ho già detto quello che penso, non ho voglia di ricordarlo ancora. So del processo, non conosco i particolari ma il fatto che ci si sia arrivati è già un successo. Però quello che conta alla fine è che Carlo è morto e questa è a cicatrice che resta». La morte di Giuliani «non ha nessun senso, non c’è alcuna spiegazione».
Da Clandestino a La Radiolina, Chao è rimasto lo stesso: imprevedibile, incontrollabile, istintivo. Nella musica e nella vita. Così, nel backstage alla Fiera di Genova, rinvia di ora in ora l’incontro con i giornalisti. «Arriva per le prove a mezzogiorno» dicono. In realtà si fanno le 17. Intanto il quarantaseienne eterno ragazzo si sdraia sul pavimento e dorme. «Non ho nulla da dire - fa sapere intorno alle 18 - Preferirei che mi intervistassero dopo aver visto il concerto». Che è previsto in chiusura della serata, ovvero a mezzanotte e 40. «Non ha nemmeno fatto la promozione dell’album quando è uscito», spiega il manager. Senza promozione, senza interviste, Chao è comunque un fenomeno mondiale, ancora capace di sparire per andare a suonare in piazza per gli amici. Per lui conta solo la musica. «Non capisco quelle band che si prendono un anno di pausa - dice -. È impossibile non scrivere. Sono schiavo dell’ispirazione: scrivo sempre, poi magari perdo i fogli». È vero che dalle cose più brutte nascono le canzoni più belle? «Forse, ma essere positivo è la migliore medicina che hai nella vita, è come una religione, la positività ti fa sentire bene». E questo per lui è «un periodo fantastico, perché con la band siamo nella forma migliore. Non abbiamo mai suonato così bene».Alla prox..Ciao

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