domenica 27 luglio 2008

LORENZO(jova)canta il GABER

Un’oasi di civiltà musicale, un appuntamento imperdibile per gli artisti chiamati in causa dalla Fondazione Gaber e dalla famiglia, per tornare a proporre il repertorio di Giorgio adesso che lui non c’è più, ma è come se continuasse a guardare con occhio sorridente eppure severo il povero mondo della canzone popolare: il quale, tenuto in piedi da ormai pochi eroi - e deturpato da una crescente masnada di nullafacenti però con la faccia da telecamera - attraversa un bel momento di buio. La quarta edizione del Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber è decollata invece al sole di ieri in un’amabile atmosfera rallegrata dal cortese presentatore della kermesse notturna alla Cittadella del Carnevale, Enzo Iachetti, e da una sua piccola band familiare, che ha dedicato per esempio a Jovanotti, sulla musica di Mamma, una Jova in versione di saltellante 78 giri. Sorrisi, timidezze, sprazzi di discorsi serissimi come quello del cantautor/professore di musica napoletano, Antonio Del Gaudio, che concorreva (come Flavio Pirini) al Premio Gaber, e lamentava il mancato insegnamento di questa storia nelle scuole medie, confessando che alcuni allievi non hanno mai sentito nominare Fabrizio De André. Andiamo bene.
Il cast è come sempre vario: ieri Mietta, per cui si fa tutti il tifo (e trovi un repertorio giusto, brava così, no?) reduce dall’attacco di un piccione durante le prove; il nobile Roberto Cacciapaglia; il classico e signorilissimo Massimo Ranieri che adora Lo shampoo; l’inquieto e tormentato Gianluca Grignani, che ha affrontato Il conformista sostituendo la parola gaberiana «cattocomunista» con il neologismo «berlusconista», e si è poi coraggiosamente lanciato nel recitarcantando del Filosofo Overground. Ma è inutile negare che l’occhio collettivo cercava soprattutto Jovanotti, il cui momento artistico è vivace e coronato dal successo: non solo il suo bel tour in corso sul disco Safari sarà prolungato a richiesta fino a Natale, ma confessa di esser pure baciato dall’ispirazione: «Quando ho compiuto 40 anni, mi è sembrato di essere appena nato, sono in evoluzione continua. Ora ho dato una canzone a Celentano, per il nuovo disco. Non dico il titolo neanche sotto tortura, però a lui piace moltissimo il testo, ma non la musica; e già ad Aria aveva cambiato le parole...». Il secondo bacio glielo darà, il 6 settembre, la compagna di 15 anni Francesca, quando si sposeranno a Cortona: «Lo faccio per la mia mamma - spiega - ma sarà una cosa privatissima, in famiglia. Se sentite parlare di esclusive concesse, sono tutte palle». Già, mica sono Brad e Angelina, loro.
Fatti i debiti distinguo di genere ed epoca, il percorso di Jovanotti somiglia in fondo un po’ a quello di Gaber. Entrambi hanno cominciato con un repertorio disinvolto e leggero, e sono poi approdati a tematiche impegnative, cogliendo con queste lo zeitgeist, lo spirito del tempo. E’ teatro/canzone dei nostri tempi il Safari Live, Jovanotti stesso dice che la concatenazione dei titoli non è cambiabile: i led luminosi oggi, un tempo - a illuminare la figura elegante di Gaber - il famoso faro. Da quel faro lui confessa di esser molto attratto («Chissà, un giorno...») ma pure si schemisce rispetto ai paragoni: «La sola idea di accostarmi a Gaber mi imbarazza. Sono meno rigoroso, più casinista, io. Lo sento come uno dei grandissimi, mi attira la sua capacità di far scelte, mi colpisce un artista che diventa scuro mantenendo una forte simpatia». Insomma, «Era uno che non se la tirava pur essendo un intellettuale. Aveva testi dolorosi ma un corpo simpatico, una miscela di disperazione gioiosa. E poi, una canzone come Se io fossi Dio: per un artista, scegliere di dire quelle cose lì è un costo».
Si è preparato un mese per arrivare qui. Non una ma sette canzoni gaberiane, ieri sera, sono state ripercorse a modo suo: in duetto con Grignani, ha affrontato Non insegnate ai bambini, e poi è partito su Quando sarò capace di amare, Chiedo scusa se parlo di Maria («Si potrebbe sostituire il Vietnam e la Cambogia con Afghanistan e Iran, e sarebbe di oggi»), Non arrossire, Si può («Mi veniva da aggiungere mille strofe»), Com’è bella la città («che ascoltavo da bambino in tv: la memoria musicale non te la da l’adolescenza, ma l’infanzia, le canzoni dei tuoi genitori...»), infine Mi fa male il mondo che ha avuto un trattamento assai curioso, come lui spiega: «Mi sono accorta che è il negativo fotografico dell’Ombelico del mondo, e così l’ho preparata con la musica dell’Ombelico». Ma dice anche: «Si potrebbe fare uno show collettivo su Gaber, sarebbe interessante capire come sarebbe, con altri corpi e altre voci». Hai visto mai......Ciao!

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