domenica 13 luglio 2008

Si e' concluso TRAFFIC con note e fulmini

E’ finita, alla Pellerina è tornato il silenzio,ma pure il ricordo di una notte di pioggia impietosa, che ha martirizzato quella che doveva essere l’apoteosi di Traffic Free Festival, con Patti Smith e gli Afterhours, e i rinati Massimo Volume. Onore a Patti, che ha cantato sotto il diluvio e al pubblico che non è fuggito: premiato con un concerto memorabile, forse il più emozionante del Festival. E’ finita, ma ci saranno altre occasioni, altre notti meno sfortunate. Almeno, in tanti lo sperano, benché sul Festival si addensino nubi ancor più procellose di quelle che venerdì e ieri lo hanno sferzato.
Messe in conto all'imponderabile le traversie atmosferiche, il bilancio dell’edizione 2008 può prendere l’avvìo proprio dall’entusiasmo di Johnny Rotten, al termine del burrascoso show con lanci d’oggetti e scambio di contumelie d’ordinanza con i pogatori sul fronte del palco. L’anziano ribaldo ha abbracciato commosso uno degli organizzatori, e quasi in lacrime per la gioia gli ha detto: «Grazie, grazie! E’ il pubblico più civile che ho mai avuto!». In verità, e con tutto il relativismo d’obbligo in casi simili, il primo merito di Traffic è stato proprio d’aver costruito, educato, formato, in cinque anni, un pubblico “civile” – persino un concerto ad alto rischio come quello dei Sex Pistols s’è risolto senza problemi – e capace di apprezzare un cartellone che ingloba culture differenti, affiancando al rock l’arte contemporanea, il cinema, la letteratura. Un Festival che non si riduce musica fine a se stessa, che si apre alla società, tanto che ieri ha ospitato, con il riserbo necessario per tutelare un uomo nel mirino della ‘ndrangheta, Pino Masciari, un simbolo della ribellione contro la criminalità organizzata.
Ma pur restando all’ambito musicale, core business di Traffic, il pubblico è diventato, con gli anni, sempre più sensibile alle proposte meno corrive, pronto ad accorrere in massa pur quando il cartellone non propone le superstar del momento, ma stimola scoperte e riscoperte non banali. E poi, Traffic ha dimostrato che un festival rock può avere un spirito proprio: può creare comunicazione fra le persone. E la quinta edizione ha definitivamente raggiunto un altro degli obiettivi programmatici, imporre un’immagine positiva, una visibilità vasta per Torino: bastava sbirciare le targhe delle migliaia di auto posteggiate attorno alla Pellerina per scoprirci cuore d’Italia, d’Europa: da Milano a Palermo, dall’Austria alla Francia, testimoniavano che Traffic è una realtà forte a livello europeo.
Eppure, ieri la soddisfazione dei direttori Max Casacci, Alberto Campo, Fabrizio Gargarone e Cosimo Ammendolia era offuscata, più che dal cielo gravido d’acqua, dal pensiero del “dopo”. Li preoccupa non tanto il taglio del finanziamento pubblico – il Festival ha ormai argomenti tali da allettare qualsiasi sponsor – quanto la volontà di parte della giunta comunale, sindaco in testa, di deportare Traffic nella sedicente Arena Rock, un’area recitata che farebbe rimpiangere un carcere, figurarsi gli alberi e i prati del Parco della Pellerina. Né si capisce che cosa accadrebbe se l’afflusso del pubblico fosse superiore – com’è accaduto l’altra sera – ai sessantamila posti della sullodata Arena; chi spiegherebbe al punkettone arrivato da Salisburgo per un free concert che, peccato, non si entra più, e se ne torni cortesemente a Salisburgo senza farne un dramma.
La contromisura, sostengono i laudatori del progetto, sarebbe imporre l’ingresso a pagamento, negazione suprema della filosofia di un free festival come Traffic. A palazzo civico sembrano decisi a tirare diritto. E allora, quella che abbiamo salutato in quest’umida notte di luglio sarebbe l’ultima notte di Traffic come l’abbiamo conosciuto e amato. Con la consueta, signorile noncuranza, Torino si appresta a disfarsi di un altro suo gioiello.Alla prox..by

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