lunedì 7 aprile 2008

EVOLUZIONE MUSICALE

Almeno per ora, sembra che la montagna abbia partorito un topolino.
MySpace Music, il tanto atteso nuovo servizio musicale di MySpace è stato presentato ieri dal CEO Chris DeWolfe. Le voci della vigilia sono state in buona parte confermate: MySpace Music sarà una joint venture tra MySpace e tre delle quattro major discografiche: Universal, Warner e SonyBMG. L'ultima, la Emi, per ora rimane alla finestra, ma sembra che anche nel suo caso la trattativa vada avanti e possa concludersi positivamente nel giro di poco tempo.
Al di là dell'annuncio alla stampa, rapidamente rimbalzato su Internet, rimane un gigantesco dubbio di fondo: che cos'è questo MySpace Music? Un tentativo delle big discografiche di limitare il successo sul Web di iTunes, costruendo un valido concorrente, ok. Il desiderio di sfruttare un nome consolidato su Internet (MySpace) per rilanciare le sorti di un'industria in crisi da tempo, d'accordo. Un unico grande marketplace dove vendere canzoni, suonerie, t-shirt e biglietti di concerti, perfetto. E poi? Dove sta la novità del progetto? Soprattutto, dove sta la sua natura di possibile protagonista dell'arena musicale ai tempi di Internet? Cosa offre ai sempre più smaliziati utenti della Rete, che ormai da tempo vivono di condivisione, comunicazione e partecipazione?
Impossibile rispondere oggi, se non altro perchè MySpace Music si svilupperà nei prossimi mesi e solo allora se ne potrà capire la natura e trarre di conseguenza qualche conclusione. Ma per ora le impressioni e le sensazioni non sono certo stimolanti....I problemi sono di varia natura,innanzitutto, come visto MySpace Music nasce come un gioco a due tra il social network e le tre principali major. Tutto il resto del panorama musicale indipendente rimane nell'ombra. Il che è un controsenso, oltre che un passo indietro, soprattutto per MySpace, che ha costruito la sua storia di successo proprio grazie al suo naturale processo di democratizzazione della musica e della sua fruizione. Chi conosce il servizio, sa che sulle sue pagine è facile passare rapidamente dalla rockstar milionaria al gruppo di base che suda nelle cantine di periferia. Anzi, il bello è proprio quello! Nella sua natura altamente caotica, MySpace è la perfetta rappresentazione del suk, del villaggio globale, della lunga coda, o di comunque vogliamo chiamare la metafora della diversità su Internet. MySpace Music sarà solo un megastore multimediale delle tre major? E questo vorrà dire che le pagine dei singoli artisti saranno gestite tutte dall'alto, trasformandosi in vetrinette una identica all'altra?
L'esibita natura commerciale dell'operazione è il secondo problema. E' chiaro che i dirigenti di MySpace, probabilmente il super-boss Rupert Murdoch per primo, stanno cercando un modo di monetizzare l'immensa audience del servizio (nonostante già diversi milioni di dollari entrino ogni mese per la pubblicità). Ed è ancora più evidente come le major siano alla disperata ricerca di nuove forme di introiti che coprano i buchi lasciati dal crollo delle vendite di cd. Tuttavia, su Internet tutti i tentativi di vendere qualcosa devono seguire un approccio diverso - anche a livello di marketing e comunicazione - rispetto al passato. MySpace ha costruito il suo successo su un aspetto che è difficilmente quantificabile seguendo i criteri economici tradizionali: la socializzazione. Non è un caso se viene identificato come social network. I milioni di utenti che ogni mese girano tra le sue pagine non sono attratti da un "negozio", ma da una "piazza". O meglio, da un insieme di piccole piazze. Dove si chiacchiera, si ascolta un po' di musica, si prende nota di appuntamenti interessanti, ci si sente attori e non consumatori. Poi, forse in un secondo momento, se si è soddisfatti e ispirati, si potrà anche considerare l'idea di comprare qualcosa. Da quel che si legge online, nella conferenza stampa di lancio di MySpace Music, tutti gli aspetti sociali dell'esperienza musicale sono passati in secondo piano. Si è giusto accennato alla condivisione di playlist tra i vari utenti, per poi concentrarsi soprattutto sulle magnifiche sorti e progressive del "marketplace globale", dove vendere download, magliette, suonerie, biglietti e altro ancora. In parole povere, l'annuncio è stato: ecco MySpace Music, un fantastico nuovo super-negozio al sapore di musica. Ma questo è il linguaggio del futuro o del passato? E' un approccio moderno, che prende spunto dai cambiamenti nell'esperienza musicale degli utenti Internet per inventarsi nuovi modelli economici, o è un percorso neo-conservatore, più vicino all'idea dei centri commerciali che al Web 2.0?
Lo ripeto, si tratta solo di primissime impressioni. Ma l'apertura di un megastore digitale gestito dalle major, per quanto benedetto e marchiato dal nome di MySpace, non sembra una notizia poi così interessante. Più interessante semmai, sempre in ambito major, è la quasi contemporanea notizia che la Emi ha assunto come capo del suo settore digitale un ex-dirigente di Google, Douglas Merrill. La sua prima intervista, rilasciata a CNet News, è quanto di più innovativo, rivoluzionario e al passo con i tempi abbiamo sentito uscire negli ultimi anni dagli uffici di una grande etichetta discografica. Non solo per il riferimento neutro (a tratti addiritura positivo) al filesharing, quanto per l'idea di fondo: sperimentare tutto il possibile, soprattutto i modelli di business più originali, verificarne i risultati, continuare a sperimentare. Per usare una metafora suggestiva: andare verso l'ignoto. Proprio quello che, a primissima vista, il progetto MySpace Music non sembra fare. Nelle parole di Merrill, l'ottica rimane quella del profitto, e ci mancherebbe altro, ma l'approccio è diverso (è figlio di Google, potremmo dire).
A proposito di innovativi incroci tra musica e social network, a costo di risultare noioso mi tocca di nuovo citare i Radiohead. Nelle ultime ore, la band inglese ha fatto un ulteriore passo avanti nel suo percorso di reinvenzione di una band contemporanea, aprendo un proprio social network, Waste Central. Si tratta di un'area dove i fan possono incontrarsi, conoscersi, scambiare foto e video. Una specie di MySpace privato dei Radiohead, insomma. Mi sono appena iscritto, quindi non posso ancora dare un giudizio approfondito, però l'idea mi sembra subito decisamente intrigante. Nelle tante iniziative online lanciate da quando sono diventati completamente indipendenti, i Radiohead non hanno mai dato l'impressione di voler aprire un negozio o di volerci guadagnare, ma di cercare di immaginare e creare degli ambienti perfetti per soddisfare il proprio pubblico. In un contesto simile poi è automaticamente più facile vendere cofanetti di lusso con vinili e cd, biglietti di concerti a 60 euro, canzoni da remixare, suonerie e quant'altro.

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